La storia di Prahlada, Gadhi, Uddhalaka

12  La storia di Prahlada

Nel mondo degli inferi c’era un potente re demone conosciuto come Hiranyakasipu che aveva strappato la sovranità dei tre mondi a Indra. Aveva molti figli; tra loro c’era il famoso Prahlada che splendeva come un diamante tra i gioielli.
Il re demone che così gioiva la signoria dei tre mondi, divenne orgoglioso e arrogante.
I suoi modi aggressivi e il suo governo di terrore preoccuparono grandemente gli dei e, come risposta alla loro preghiera, il signore Hari assunse la forma di Narasimha e distrusse il re demone con tutto il suo seguito.
Prahlada, la cui vita era stata risparmiata, eseguì i riti funebri dei suoi parenti e aiutò i superstiti storditi dalla vastità della distruzione.
Prahlada pensò tra sé: Chi c’è ora ad aiutarci? I semi stessi delle famiglie dei demoni sono stati distrutti da Hari. Ahimè, il nostro nemico ha rapidamente raggiunto l’apice della vittoria militare. Gli dei, che erano soliti inchinarsi umilmente ai piedi di mio padre, hanno occupato il nostro regno.
I miei stessi parenti sono diventati privi di splendore, senza entusiasmo, miserabili. I demoni, che una volta erano forti e potenti, sono ora deboli e timidi come gli dei. Invero il destino è misterioso!
Gli dei si sono ripresi l’albero che realizza i desideri. Proprio come i demoni si deliziavano a guardare i volti delle dee, prima, gli dei si deliziano a guardare le demonesse ora.
Ahimè, gli attendenti di mio padre ora servono Indra. Per la grazia di Hari siamo stati sottoposti a incomparabili e insostenibili avversità, il solo pensiero delle quali ci rende disperati.
Come una piccola scimmia seduta su un ramo di un albero provoca un forte cane che si trova a terra, questi dei godono della sicurezza della protezione di Vishnu e molestano i demoni.
È Vishnu che protegge l’intero universo e lo sostiene. Anche se Vishnu abbandonasse l’uso delle armi, nessuno potrebbe affrontarlo. Egli è il solo rifugio di tutti gli esseri di questo mondo, perciò, con ogni mezzo, bisognerebbe prendere rifugio in Lui, non c’è altro modo. Nessuno Gli è superiore, Egli è la causa della creazione, della preservazione e dissoluzione dell’universo.
D’ora in poi dedicherò tutta la mia attenzione a Lui e vivrò come se fossi riempito dalla sua presenza. Il santo mantra “Namo Narayanaya”, a Lui dedicato, è capace di donare ogni benedizione al devoto. Possa esso non lasciare mai il mio cuore. Comunque, colui che non è Vishnu, non ricava alcun benefico dall’adorare Vishnu.
Bisognerebbe adorare Vishnu essendo Vishnu, perciò io sono Vishnu. Colui che è conosciuto come Prahlada non è null’altro che Vishnu, non c’è dualità. Ora il veicolo di Vishnu, Garuda, porta me, le sue insegne adornano i miei arti. Lakshmi, la sua consorte è al mio fianco; tutto lo splendore divino di Vishnu è diventato mio; la conchiglia, il disco, la mazza, la spada, che sono i simboli inequivocabilmente associati a Vishnu, sono ora con me.
Il loto che porta il Creatore Brāhma ha origine dal mio ombelico; l’intero universo che ripetutamente appare e scompare, è nel mio addome. Il mio colore ora è quello blu di Vishnu; sono vestito con la veste gialla di Vishnu, sono Vishnu.
Chi può essere mio nemico e chi può sfidarmi, ora? Dato che sono Vishnu, colui che mi è ostile sicuramente ha raggiunto il termine della sua vita.
Questi demoni che si parano davanti a me trovano difficile, anzi, impossibile, sostenere lo splendore che s’irradia da me; quegli dei cantano in realtà la mia lode, poiché io sono Vishnu.
Ho trasceso ogni senso di dualità e sono divenuto Vishnu. Colui nel cui addome dimorano i tre mondi, che soggioga tutte le forze malvagie nell’universo, che disperde le ansietà e le paure di tutti, Quello sono io e Lo saluto!
Vasistha continuò: “Essendosi così trasformato nell’immagine stessa di Vishnu, Prahlada pensò di adorarlo: ‘Ecco un altro Vishnu, anch’egli seduto sul suo Garuda, dotato di tutte le qualità e poteri divini, che porta tutte le insegne relative allo stato di Vishnu. Ora lo adorerò secondo la tradizione ma mentalmente’.
Avendo così deciso, Prahlada adorò Vishnu mentalmente, con tutti i materiali previsti dalla tradizione e dalle ingiunzioni scritturali. Poi adorò Vishnu anche con riti e rituali esterni. Completata questa adorazione Prahlada si rallegrò e da allora adorò Vishnu ogni giorno. Vedendolo, tutti i demoni del regno seguirono il suo esempio e diventarono ardenti devoti di Vishnu. Si diffuse la notizia, come un fuoco nel cielo, che i demoni, da sempre nemici di Vishnu, improvvisamente erano diventati suoi devoti. Gli dei in cielo furono meravigliati: come potevano i demoni diventare devoti?
Rapidamente avvicinarono Vishnu e gli chiesero: ‘Signore, che cos’è questo mistero? I demoni sono i nostri nemici tradizionali; che essi diventino tuoi devoti sembra essere irreale, una magia. Dov’è la natura diabolica dei demoni e dov’è la devozione per te che sorge soltanto durante l’ultima incarnazione di un jiva*? Le buone e divine qualità non accompagnano questi demoni. Suona così incongruo!
Sicuramente le qualità di un essere sono sempre in accordo con la sua natura. Udire che questi demoni sono divenuti tuoi devoti nel corso di una notte è quasi doloroso.
Se fosse stato detto che essi si erano gradualmente evoluti in stati superiori di esistenza, che avessero coltivato buone qualità e fossero diventati tuoi devoti avremmo potuto comprenderlo, ma che qualcuno che sia stato di disposizione malvagia sia ad un tratto divenuto tuo devoto è incredibile.’
Il Signore rispose: “0, dei, non soffrite di alcun dubbio o disperazione! Prahlada è diventato mio devoto: questa, invero, è la sua ultima nascita ed egli merita di essere liberato ora. I semi della sua ignoranza sono stati bruciati, non rinascerà più. È senza significato e doloroso udire che un uomo buono è diventato cattivo; è appropriato e buono udire che uno che non aveva buone qualità è diventato buono. Il cambiamento di Prahlada è per il vostro stesso bene.”
Gli dei divennero amichevoli verso Prahlada e ogni giorno questi adorò il Signore Vishnu col pensiero, la parola e l’azione.
Come immediato frutto di tale adorazione tutte le nobili qualità come la saggezza e il distacco crebbero in lui. Avendo abbandonato la brama di piacere la sua mente era senza nutrimento.
Il Signore Vishnu gli apparve e Prahlada pregò: ‘Prendo rifugio in Te. Prendo rifugio in Colui la cui voce è la Verità, le Scritture; il cui ombelico di loto è il seggio di Brahma, il Creatore, che dimora nei cuori di tutti gli esseri. Prendo rifugio in Colui le cui unghie scintillano come stelle nel cielo, il cui dolce volto sorridente è la luna, nel cui cuore c’è un gioiello da cui emanano i raggi e fluiscono come il santo fiume Gange e che è rivestito del puro cielo autunnale.
Prendo rifugio in Colui nel quale questo esteso universo riposa senza diminuzione, che è perennemente Non-Nato e Immutabile. Prendo rifugio in colui che ha la dea Lakshmi (la dea della fortuna) al suo fianco, la bellezza del cui corpo è paragonabile a quella del sole che tramonta.
Prendo rifugio nel Signore che è come il sole per il loto dei tre mondi, che è come una lampada per l’oscurità dell’ignoranza, che è della natura della Coscienza Infinita e che distrugge la sofferenza e la disperazione di tutti gli esseri dell’universo."
Il Signore disse: ‘0 Prahlada, tu sei un oceano di buone qualità e sei invero il gioiello tra i demoni. Chiedimi qualunque dono conducivo alla cessazione del dolore della nascita’.
Prahlada disse: ‘Signore, Tu sei colui che dimora in tutti gli esseri e concedi il frutto dei loro desideri. Ti prego, concedimi quel dono che Tu consideri senza limiti e infinito!’
Il Signore disse: ‘Prahlada, possa tu essere dotato dello spirito d’indagine fino a che riposerai nel Brahman Infinito, cosicché tutte le tue illusioni possano giungere a termine e tu possa conseguire la vetta più alta!’”
Vasistha continuò: “Avendo detto questo, il Signore scomparve. Prahlada concluse la sua adorazione e, dopo aver cantato inni in lode del Signore, cominciò a riflettere nel modo seguente:
Il Signore ha ordinato: “Sii sempre impegnato nell’indagine”, perciò m’impegnerò nell’indagine sul Sé. Chi sono io che parlo, cammino, agisco su questo elaborato palcoscenico conosciuto come mondo? Per cominciare scoprirò questo. Sicuramente non sono questo mondo che è all’esterno, inerte, composto di alberi, cespugli e montagne, né sono il corpo, nato a causa del movimento del prāna e che sembra vivere per un breve attimo!
Non sono il suono, la parola, il nome o l’espressione che è percepita dalla sostanza inerte conosciuta come orecchio, che non è altro che un movimento momentaneo d’aria e che è privo di forma e di esistenza.
Non sono il senso o l’esperienza del tatto, anch’esso momentaneo e che è in grado di funzionare a causa della Coscienza Infinita, né sono il senso del gusto basato sulla lingua sempre mutevole e irrequieta, devota costantemente ai suoi oggetti.
Non sono il senso della vista, anch’esso momentaneo e nient’altro che una perversione della comprensione del veggente; né sono il senso dell’odorato che è una creazione immaginaria del naso e che ha una forma indeterminata.
Perciò, sono privo di tutte queste qualità immaginarie, non ho nulla a che fare con le funzioni dei sensi, sono la Pura Coscienza, sono la pace al di là del pensiero!
Sono la Realtà Onnipervadente, priva di oggettività e perciò di precetti e concetti. Sono la Pura Coscienza ed è per mezzo di Essa che ogni cosa, da un piccolo recipiente al potente sole, vengono percepiti.
Ora ricordo la Verità: sono il Sé onnipresente, in cui non c’è concettualizzazione.
E per mezzo di quel Sé che tutti i sensi e le loro esperienze sono rese possibili, poiché è la Luce interiore. È a causa di quella Luce interiore che questi oggetti acquisiscono la loro apparente sostanzialità. È grazie a quella Luce interiore della Coscienza, che è supremamente libera da ogni modificazione, che il sole è caldo, la luna è fresca, le montagne pesanti e l’acqua liquida.
È la Causa di tutti gli effetti che si manifestano come questa creazione, ma Essa stessa è incausata. Poiché è senza forma e poiché è la Causa di tutti gli effetti, quest’universo è sorto in Essa con tutte le sue diversità. Essa sola è la causa della manifestazione della trinità, Brāhma, Vishnu, Shiva, ma non è Essa stessa causata.
Saluto questo Sé che è la Sua stessa luce, libero dalla dualità del conoscitore e del conosciuto, soggetto ed oggetto. In Esso esistono tutte le cose di quest’universo e in Esso scompaiono.
Qualunque cosa questo Sé interiore pensi, quello accade ovunque, apparentemente come una realtà esterna. Quando sono pensate da questa Coscienza, queste cose sembrano venire in esistenza; quando pensate come non esistenti, raggiungono la loro fine.
Così tutti questi oggetti infiniti appaiono nello spazio illimitato della Coscienza, sembrano crescere e sembrano apparire e appaiono per diminuire proprio come un’ombra sembra crescere e diminuire alla luce del sole.
Questo Sé esiste nello spazio indiviso dei tre mondi, da Brāhma il creatore ad uno stelo d’erba, come l’infinita e autoluminosa Coscienza. È Una, senza inizio e fine, esiste come il Tutto, come l'esperienza interiore di tutti gli esseri mobili ed immobili.
Prahlada continuò a contemplare: L’unico Sé, che è il solo sperimentare, è perciò lo Sperimentatore in tutto. Perciò il Sé è detto avere migliaia di braccia e di occhi.
Con questo magnifico corpo del sole, questo Sé che è ‘l’Io’, viaggia nello spazio come anche nella massa d’aria. Lo stesso avviene con il Sé incarnato come la Divinità che tiene la conchiglia, il disco, la mazza ecc., che è adorato in questo mondo.
Fu questo Sé, o Io, che nacque come “Colui che è” sempre assiso nel loto (il creatore Brāhma), è il Sé ancora che dissolverà questa creazione o la ritirerà dalla manifestazione alla fine del ciclo del mondo (nell’aspetto di Shiva).
Il mondo ricava la sua realtà dal Sé, Me, funziona in Me, attraverso di Me e quando lo abbandono o cesso di comprenderlo, cessa di avere alcuna realtà. Poiché questo mondo esiste in Me, il Sé, l'Infinita Coscienza, proprio come un riflesso sembra esistere in uno specchio.
Come il Sé o la Coscienza Infinita, io pervado l’intero universo, proprio come l’unico oceano cosmico pervade il cosmo dopo che la creazione cosmica è stata dissolta.
Prahlada continuò a contemplare: ‘In verità, esisteva solo l’Infinita Coscienza. Come è sorto questo ego limitato e finito, in Essa, senza alcuna giustificazione e sostegno?
Che cos’è che ha dato origine all’illusione che si esprime nell’affermazione ‘questo è te e questo sono io’? Che cos’è questo corpo e che cos’è questa mancanza di corpo, chi vive e chi è che muore?
Che paragone c’è tra la visione dell’Infinito e questa timorosa vanità, conosciuta come gloria mondana, che è piena di tremendi desideri e brame?
Questa visione della Coscienza Infinita è pura e ha la natura della pace suprema, ed è sicuramente la migliore tra le visioni possibili in questo universo.
Sono il Non-nato, in cui l’apparizione del mondo è svanita, ho guadagnato quello che vale la pena di guadagnare, ho trionfato e vivo trionfante. Non trovo delizia nel governare un regno, nell'abbandonare questa suprema felicità della Coscienza cosmica.
Vergogna per quei malvagi demoni che si perdono nel fango di questa vita mondana. Ahimè, com’è stato sciocco mio padre, ad essere rimasto soddisfatto e compiaciuto della sua esistenza fisica. Che cos’ha guadagnato vivendo una lunga vita e regnando su questo mucchietto di fango chiamato terra? Anche le delizie di numerosi mondi del genere non sono nulla paragonate alla beatitudine del Sé!
Colui che non è null’altro che questa conoscenza del Sé, ha tutto. Colui che abbandona questo e cerca altre cose, non è un uomo di saggezza. Che paragone si può fare tra questa esistenza fisica e mortale e la beatitudine dell’illuminazione? La sovranità sul mondo e tutte le cose nei tre mondi, esistono nella Coscienza.
Perché le persone non sperimentano la verità che non c’è nulla al di fuori della Coscienza?
È come se fosse irreale, perché è al di là della descrizione. Perciò alcune persone dichiarano che il Sé non esiste. Che ci sia o meno Brahman, quello che non è soggetto alla dissoluzione è la suprema liberazione.
A causa della modificazione del pensiero, questa Coscienza è apparentemente velata e non realizzata. Coloro che sono sprofondati nel fango dell’attrazione e della repulsione, sono incapaci di raggiungere questa realizzazione’.
Prahlada continuò: ‘OM è la Coscienza non-duale, priva di ogni perversione. Qualunque cosa ci sia nell’universo è l’unico Sé. Anche all’interno di questo corpo composto di carne e di sangue c’è l’Intelligenza che risplende così come risplende in fonti di luce come il sole.
Nel passato, presente e futuro, qui, là e ovunque, è sempre la stessa in ogni apparente modificazione. È sempre dinamica e attiva, tuttavia è più inattiva di una roccia ed è meno toccata da questa attività di quanto lo sia lo spazio.
È questo Sé o Coscienza che attiva la mente, come il vento muove le foglie.
Solo questo Sé dev’essere cercato, adorato e su di Esso soltanto bisogna meditare. Ricorrendo ad Esso si attraversa questa apparizione del mondo, col suo ciclo di nascita, morte e illusione.
È facilmente accessibile, poiché dimora nel cuore di ognuno.
Si manifesta e si rivela anche se viene contemplato solo per un istante.
Non viene realizzato da tutti perché nessuno indaga sulla verità relativa al Sé, infatti viene realizzato attraverso l’indagine.’
Prahlada continuò a contemplare: ‘Questo Sé è il vuoto nello spazio, è il moto in tutte le cose che si muovono, è la luce in tutti i luminari, in tutti i liquidi è il gusto, è la solidità nella terra, il calore nel fuoco, la freschezza nella luna: è l’esistenza stessa dei mondi.
Questo Sé è l’eterna esistenza, illumina persino gli dei. Io sono soltanto il Sé: in me non c’è precetto o concetto. Proprio come lo spazio non è toccato dalle particelle di polvere che vi fluttuano, come il loto non è toccato dall’acqua, allo stesso modo io non sono influenzato da nulla.
Quale relazione può esistere tra noi (il Sé) e le brame che originano dalle nozioni dell’esistenza e della non esistenza e dai sensi? Chi o che cosa vincola lo spazio? E da chi è vincolata la mente? Anche se il corpo è tagliato in cento pezzi il Sé non è ferito. Anche se il vaso viene polverizzato lo spazio all’interno non viene distrutto. Anche se questo fantasma chiamato mente, che esiste soltanto come parola e non come realtà, cessa di essere, che cosa ne perderemo?
In precedenza c’era una mente che consisteva di nozioni e di infelicità e felicità, ma ora tutte queste nozioni hanno cessato di essere: dov’è la mia mente? Quale sciocco intratterrà nozioni come ‘uno gioisce un altro’, ‘uno afferra un altro‘, ‘uno vede un altro‘, ‘uno soffre una calamità’.
Qualunque cosa venga, che venga, qualunque cosa vada, che vada. Che le nozioni delle diverse esperienze sorgano o tramontino nel corpo, io non sono in loro, né loro sono in me. La mia intelligenza è stata pienamente risvegliata; alla luce di quest’ultima non percepisco alcuna entità che possa essere chiamata senso dell’ego, proprio come non si vede l’oscurità quando il sole è sorto.
L’inferno e il cielo, come pure l’illusione riguardante la liberazione, esistono solo fino a che esiste il senso dell’ego.
0 Sé, libero dal fango del senso dell’ego, saluti a Te. 0 Sé, in cui i paurosi sensi e la mente che consuma tutto hanno conseguito quiescienza. 0 Sé, il promotore dell’amore supremo e il sostenitore di tutte le cose nell’universo, omaggi a Te!
Proprio come l’acciaio taglia l’acciaio arroventato, ho soggiogato la mente con il suo stesso stato purificato. Ho tagliato le brame, l’ignoranza e la stupidità per mezzo dei loro opposti. Privo d’ego, il mio corpo funziona con la sua inerente energia. Le tendenze passate, il condizionamento mentale e le limitazioni sono stati completamente distrutti. Comincio a meravigliarmi. Come mai per così tanto tempo sono rimasto prigioniero nella trappola del senso dell’ego?
Liberato dalla dipendenza, dalle abitudini del pensiero, dai desideri, dalle brame, dall’illuso credere nell’esistenza dell’ego, dalle macchianti tendenze della ricerca dei piaceri e dalle fantasie, la mia mente ha raggiunto uno stato di suprema quiete. Così, ogni dolore è giunto a fine e la luce della beatitudine suprema è albeggiata. Per la grazia del Signore e per il mio eccellente sforzo ho conseguito la saggezza’.
0 Sé, la distinzione tra Te e me è verbale, come la distinzione tra la parola e la sostanza a cui si riferisce. La distinzione è irreale e immaginaria, come la distinzione verbale tra l’onda e l’acqua nell’onda. In verità, Tu solo Ti sei diffuso come l’infinita varietà di esseri creati che appare esistere in questo mondo.
Come mai il Sé, la cui gloria è cantata dalle scritture e che è conoscenza e saggezza, dimentica Sé stesso?
0 Sé, ora che sei stato realizzato, i piaceri dei sensi in cui mi rivoltavo prima, non sono più degni della mia attenzione.
Che il corpo si alzi o cada, in accordo con i desideri che lo muovono. Nel corso del tempo il senso dell’ego sorge e nel corso del tempo il senso dell’ego cessa di essere, proprio come l’universo si dissolve alla fine del ciclo cosmico. Ma dopo un lungo tempo di tale esistenza ciclica, in questa creazione ho conseguito lo stato di pace e riposo, proprio come l’intero cosmo giunge a riposo alla fine della sua propria esistenza.
Omaggi a Te, Me stesso, il Tutto Trascendente.
Proprio come le nuvole nel cielo spesso assomigliano a cavalli, elefanti o altri animali, Tu stesso, o Sé, appari nello spazio cosmico come l’infinita varietà di oggetti, libero dall’essere o dal non essere.
Prahlada continuò a contemplare: ‘Abbandona la vanità, l’ira, l’impurità e la violenza, poiché le grandi anime non sono sopraffatte da tali basse qualità Ricorda il dolore passato ripetutamente e con attitudine serena della mente, indaga: ‘Chi sono io? Come è potuto accadere tutto ciò?’ E sii libero da tutto questo. Tutto ciò che è passato, è passato e tutti i dolori ed ansietà hanno cessato di esistere.
0 Sé, sei la Luce in tutti gli oggetti luminosi, sei la Luce interiore che rende possibile la conoscenza degli oggetti, sei la forza dell’elefante conosciuta come mente.
Proprio come diversi ornamenti sono formati dall’oro, tutti gli innumerevoli oggetti della creazione sono stati formati dalla Tua sostanza. La distinzione è verbale; questo è Te, questo è io, tali espressioni sono usate quando Tu stesso adori Te stesso o descrivi Te stesso per la Tua stessa delizia.
Prahlada continuò a contemplare così: ‘Proprio come un’illusione ottica viene in esistenza e svanisce in un battito di ciglia, le esperienze illusorie di dolore e piacere, appaiono e scompaiono in un battito di ciglia. Appaiono alla luce della Consapevolezza e scompaiono quando sono percepiti come non differenti da quella Consapevolezza. Nascono nel momento in cui muoiono e muoiono nel momento in cui nascono.
Chi percepisce tutto questo mistero? Ogni cosa è sempre così mutevole, come possono cause così momentanee produrre risultati tangibili e stabili?
0 Sé, mentre li percepisci attraverso la coscienza di una persona saggia, Tu gioisci il piacere e il dolore come se fossero reali, senza mai abbandonare lo stato di suprema equanimità. Ma quali sono le Tue esperienze, quando la stessa cosa accade nel cuore di una persona ignorante o non-risvegliata? È impossibile per me descriverle!
0 Sé, Tu sei, in realtà, privo di attaccamenti, libero da ogni desiderio e speranza.
Gloria a te, o Sé, che sei invincibile e al di là del raggiungimento! Sono pieno di delizia, sono in uno stato di supremo equilibrio e di pace intensa. Sono immobile, ho raggiunto la conoscenza del Sé, sono il vincitore, vivo per conquistare!
Riposerò per sempre nella pace suprema!"
Vasistha continuò: “Dopo aver così contemplato, Prahlada entrò nello stato in cui non c’è alcuna modificazione mentale, dove c’è suprema beatitudine, indisturbata dal movimento del pensiero.
Sedette dov’era, come una statua. Passò moltissimo tempo in questo modo. I demoni fecero del loro meglio per attrarne l’attenzione, ma non ci riuscirono! Passarono mille anni e i demoni conclusero che fosse morto.
L’anarchia prevalse nel mondo degli inferi. Hiranyakasipu era morto e suo figlio era morto per il mondo! Nessun altro ascese al trono; i demoni si aggiravano per il paese liberamente, guidati soltanto dai loro capricci e fantasie. Ci fu un totale disordine e il forte sopraffece il debole, come nell’oceano il pesce grande ingoia il pesce piccolo.
Nel frattempo, il Protettore dell’universo, il Signore Vishnu, che riposava sul suo giaciglio di serpenti nell’oceano di latte, contemplò lo stato dell’universo. Nella sua mente vide il cielo e la terra e fu soddisfatto dal fatto che ogni cosa era in ordine in quelle regioni.
Poi vide lo stato del mondo degli inferi, percepì che Prahlada era profondamente immerso nello stato trascendentale della coscienza, libero dal disturbo dei demoni, mentre gli dei in cielo gioivano una prosperità senza fine.
Vedendo questo, il Signore Vishnu pensò: ‘Poiché Prahlada è immerso nello stato di Coscienza Trascendentale, i demoni, senza capo, hanno perso il loro potere! In assenza della minaccia dei demoni, gli dei non hanno nulla da temere e, perciò, nulla da avversare. In questo modo, presto guadagneranno lo stato di Coscienza Trascendentale, al di là delle paia di opposti e conseguiranno la liberazione!
Allora gli abitanti della terra dedurranno che i riti religiosi siano senza significato, poiché non ci sono dei da propiziare.
Questo universo, che deve esistere fino alla naturale dissoluzione cosmica, cesserà di esistere bruscamente. Non vedo alcun bene in questo, perciò, penso che i demoni dovrebbero continuare a vivere come demoni. Se essi agiscono come nemici degli dei, le azioni religiose e pure prevarranno in questa creazione ed essa continuerà ad esistere e a prosperare, non in altri modi!
Andrò, quindi, nel mondo degli inferi e ristabilirò l’ordine. Se Prahlada non è interessato a governare quel regno, designerò qualcun altro al suo posto. Sicuramente questa è l’ultima incarnazione di Prahlada ed egli vivrà in questa forma fino alla fine di questo ciclo del mondo. Tale è l’ordine del mondo.
Sveglierò Prahlada, lo persuaderò a governare il regno, mentre gioisce la coscienza della liberazione. Così sarò in grado di sostenere questa creazione fino alla sua naturale dissoluzione”.
Vasistha continuò: “Così deciso, il Signore Vishnu rapidamente raggiunse il mondo degli inferi. Con il Suo splendore, i demoni guadagnarono nuova forza e vitalità, ma, accecati dalla luce divina, fuggirono.
Vishnu si avvicinò al luogo in cui era seduto Prahlada e a gran voce disse: ‘0 nobile, svegliati!’ Contemporaneamente soffiò nella sua conchiglia ed ecco, la forza vitale cominciò a vibrare sulla cima del capo di Prahlada; essa poi si diffuse in tutto il corpo. I sensi guadagnarono energia e cominciarono a percepire i loro rispettivi oggetti. La mente cominciò a funzionare; le nadi (i canali sottili dove fluisce l’energia) cominciarono a vibrare e la mente divenne consapevole della sua gabbia fisica (il corpo). Prahlada ora era pienamente sveglio e scorse il Signore.
Il Signore Vishnu disse a Prahlada: ‘Ricorda, o Prahlada, la tua identità e quella di sovrano del mondo degli inferi! Non hai nulla da guadagnare o da rifiutare! Sorgi! Devi rimanere in questo corpo fino alla fine di questo ciclo del mondo. So che questo è inevitabile e conosco la legge di quest’ordine del mondo, perciò devi governare questo regno come un saggio liberato da ogni illusione.
Non è ancora il tempo della dissoluzione cosmica. Perché desideri vanamente abbandonare questo corpo? I segni, i sintomi e gli eventi che naturalmente precedono questa naturale dissoluzione, non si vedono ancora.
È idoneo a morire colui che è sprofondato nell’ignoranza e nel dolore. Colui che si angoscia pensando: “Sono debole, miserabile, stupido”; colui che è sviato da innumerevoli desideri e speranze, la cui mente è irrequieta; colui che è soggetto agli opposti come la felicità e l’infelicità, che è a5accato a questo corpo, che è disperato mentalmente e fisicamente, il cui cuore si è inaridito per i fuochi della lussuria e dell’ira. Ma dovrebbe vivere colui che non intrattiene concetti egoistici e che non è attaccato a nulla, che è libero da attrazione e repulsione, che ha una mente calma e che ha raggiunto lo stato di non-mente. È appropriato che viva colui che è stabilito nella percezione della Verità e che agisce qui come se fosse un gioco, che internamente non è eccitato né depresso dagli eventi esterni, che è libero dal desiderio di acquisire o rifiutare. La vita è appropriata solo per chi viene ascoltato dalle persone e fa sperimentare loro grande gioia’.
Il Signore continuò: ‘Il funzionamento o esistenza del corpo è conosciuto come lo stato del vivere e l’abbandono del corpo, per ottenerne un altro, è conosciuto come morte. Tu sei libero da queste due nozioni, o Prahlada. Per te, che cos’è la morte e che cos’è la vita? Ho usato i concetti comuni soltanto per spiegarmi, in verità tu non vivi né muori.
Tuttavia, al fine di parlarti tu sei il corpo, poiché attraverso di esso provi le sensazioni, come lo spazio è responsabile della crescita di una pianta, in quanto non arresta la sua crescita.
Sei illuminato, che cosa sono il corpo o l’incarnazione per te? La tua forma esiste soltanto agli occhi dell’ignorante. In ogni tempo, sei il Tutto, sei la Suprema Luce interiore della Coscienza. Che cos’è il corpo o la mancanza di corpo per te? E che cosa puoi trattenere o abbandonare?
Che sia primavera o il giorno della dissoluzione cosmica, non ha importanza per colui che ha trasceso le nozioni di essere e non essere, poiché in tutte le condizioni egli è fermamente stabilito nella conoscenza del Sé.
Il supremo Signore dimora nel corpo, immortale quando il corpo muore e immutabile quando il corpo cambia. Avendo abbandonato le false nozioni: “Io appartengo al corpo” o “Il corpo appartiene a me”, allora non c’è più significato in espressioni tipo: “Lo abbandonerò” o “Non lo abbandonerò”, “Ho fatto questo” e “Farò quest’altro, ora”.
Gli illuminati, sebbene siano costantemente impegnati nell’attività, non fanno nulla. Non è per mezzo dell’inazione che essi raggiungono lo stato della non-azione; la non-azione stessa ti libera dalle esperienze, dato che non c’è raccolto dove non c’è semina.
Perciò, quando entrambe le nozioni di “Io faccio”, “Io sperimento”, sono cessate, rimane solo la pace. Gli esseri illuminati non esultano nel piacere, né si angosciano nel dolore. Agiscono non volitivamente, come un cristallo riflette gli oggetti che gli sono stati posti vicino, senza intenzione di farlo. Sono pienamente svegli nella conoscenza del Sé, ma sono addormentati, per così dire, in relazione al mondo.
Agiscono in esso come bambini, senza il senso dell’ego e ciò che ne consegue. Prahlada, hai raggiunto il piano di Vishnu, governa il mondo degli inferi per un ciclo del mondo che è uguale ad un giorno della vita del creatore Brahma’.
Prahlada disse: ‘Signore, ero davvero sopraffatto dalla fatica e mi sono riposato per un breve momento. Per la Tua grazia ho conseguito la realizzazione in cui non c’è distinzione tra contemplazione e non contemplazione; Ti ho visto al mio interno per molto tempo. Fortunatamente ora Ti vedo davanti a me.
Ho sperimentato la verità della Coscienza Infinita in cui non c’è dolore, non c’è illusione, non c’è preoccupazione di distacco, né il desiderio di abbandonare il corpo, né paura di questa apparizione del mondo.
Quando l’Unica, singola Realtà è conosciuta, dov’è il dolore, dov’è la distruzione, che cos’è il corpo, che cos’è l’apparizione del mondo, che cos’è la paura o la sua assenza?
“Sono disgustato da questo mondo e lo abbandonerò”, pensieri di questo genere sorgono solo nell’ignorante che pensa che ci sia il dolore quando c’è il corpo e che non ci sia dolore quando esso viene abbandonato.
“Questo è il piacere, questo è il dolore, questo è, questo non è”. Solo la mente dell’ignorante oscilla così, non il saggio. Le nozioni di “io” e “l’altro” esistono solo nella mente degli ignoranti in cui non c’è la saggezza.
L’intero universo è pervaso dalla Coscienza. Che cosa c’è da acquisire, che cosa c’è da abbandonare? Stavo naturalmente indagando su me stesso in me stesso e ho riposato solo per un attimo, senza alcuna nozione di essere o non-essere, di ottenere o rifiutare. Ho conseguito la conoscenza del Sé, ora, e farò quello che ti compiace. Ti prego di accettare la mia adorazione!’
Allora il Signore Vishnu gli disse: ‘Alzati, o Prahlada, sarai il re del mondo degli inferi, mentre gli dei e i saggi che sono qui canteranno le tue lodi’.
Dopo averlo incoronato, aggiunse: ‘Sii il sovrano del mondo degli inferi fino a che risplenderanno il sole e la luna. Proteggi questo regno senza essere sviato dal desiderio, dalla paura, dall’odio e considera tutto con visione equanime.
Gioisci i piaceri reali e possa ogni prosperità essere con te, ma agisci in modo tale che, né gli dei in cielo, né gli uomini sulla terra possano agitarsi o preoccuparsi senza ragione.
Impegnati in azioni appropriate, senza essere sviato da pensieri e motivazioni. Così, non sarai vincolato da esse.
0 Prahlada, conosci già ogni cosa, che bisogno c’è di istruirti? D’ora in poi, gli dei e i demoni vivranno in amicizia; le dee e le demonesse vivranno in armonia.
0 re, tieni l’ignoranza a grande distanza da te e vivi una vita illuminata, governando questo mondo per lungo tempo a venire!’
Vasistha continuò: ”Avendo così parlato, il Signore Vishnu lasciò il regno dei demoni. Per la grazia e con le benedizioni del Signore, gli dei in cielo, i demoni nel mondo degli inferi e gli umani sulla terra vissero felicemente e senza disperazione.
Così ti ho narrato, Rama, la propizia storia di Prahlada, che è capace di distruggere tutte le impurità nel proprio cuore. Coloro che contemplano questa narrazione presto conseguiranno uno stato superiore di coscienza, anche se sono stati molto malvagi e peccaminosi.
Anche il semplice studio di questa narrazione distruggerà ogni peccato, ma se lo studio è di natura yogica, sicuramente condurrà alla suprema realizzazione.
Il peccato è soltanto ignoranza ed è distrutto dall’indagine sul Sé. Non si dovrebbe mai abbandonare tale indagine.”
Rama chiese: ”Come fu, o Signore, che Prahlada, che era nello stato supremo di coscienza non duale, fu risvegliato dal suono della conchiglia? “
Vasistha rispose:”0 Rama, la liberazione è di due tipi: con il corpo e senza corpo. Lo stato della liberazione in cui la mente è totalmente distaccata da tutto e in cui non c’è brama è conosciuta come la liberazione con il corpo; la stessa è conosciuta come liberazione senza corpo quando il corpo cade.
Nel caso della liberazione con il corpo le tendenze e i condizionamenti mentali sono come semi arrostiti, incapaci di dare origine all’incarnazione futura, ma rimane ancora il condizionamento di tale purezza, espansione e conoscenza del Sé.
Sebbene persino questo condizionamento sia non intenzionale e non volitivo, come in una persona dormiente, sino a che rimane questa traccia, il saggio che è liberato con il corpo può essere risvegliato, alla coscienza del mondo, anche dopo cento anni di contemplazione interiore.
Tale era lo stato di Prahlada e perciò egli si risvegliò al suono della conchiglia. Inoltre, qualunque nozione sorga ad opera del Signore Vishnu, il Sé di tutto, si materializza immediatamente.
Con il conseguimento della conoscenza del Sé il Signore Vishnu è realizzato e con la sua adorazione la realizzazione del Sé è conseguita.
0 Rama, raggiungi la visione che ebbe Prahlada e impegnati nell’incessante indagine: raggiungerai lo stato supremo.”
Rama chiese: “Signore, hai detto che Prahlada conseguì l’illuminazione per la grazia del Signore Vishnu. Se ogni cosa è raggiunta per mezzo del proprio sforzo, perché egli non fu in grado di raggiungere l’illuminazione senza la grazia di Vishnu?”
Vasistha rispose: “ Sicuramente, qualunque cosa Prahlada abbia conseguito l’ottenne attraverso il proprio sforzo, o Rama, non altrimenti. Vishnu è il Sé e il Sé è Vishnu: la distinzione è verbale. Fu il Sé di Prahlada che generò in Se stesso la devozione a Vishnu. Prahlada conseguì da Vishnu, che era il suo stesso Sé, il dono dell’indagine sul Sé e attraverso tale indagine conseguì la Conoscenza.
A volte si consegue la conoscenza del Sé attraverso l’indagine sul Sé intrapresa con il proprio sforzo. A volte questo sforzo si manifesta come devozione a Vishnu, che è anche il Sé, e così si consegue l’illuminazione.
Anche se si adora Vishnu a lungo con grande devozione, Egli non dona l’illuminazione a colui che non è saggio e che non ha realizzato la conoscenza del Sé. Perciò il modo migliore per ottenere la conoscenza del Sé è l’indagine sul Sé; la grazia e altri fattori sono mezzi secondari.
Se pensi che il Signore Vishnu possa essere visto senza sforzo, perché gli uccelli e le bestie non vengono elevati da Lui? Se è vero che il Guru può spiritualmente elevare una persona senza bisogno dello sforzo, allora perché un Guru non eleva un cammello o un toro? No, nulla viene guadagnato con l’aiuto di Dio o del Guru o della ricchezza o di altri mezzi. Il solo mezzo è lo sforzo rivolto alla completa padronanza della mente.
Perciò adora il Sé per mezzo del Sé, scorgi il Sé per mezzo del Sé e sii fermamente stabilito nel Sé per mezzo del Sé.
La devozione a Vishnu è stata stabilita con l’intenzione di indurre quelle persone che si sono allontanate dallo studio delle Scritture, dallo sforzo e dall’indagine sul Sé, a fare qualcosa di buono. Lo sforzo determinato e persistente è considerato il migliore: in sua assenza vengono prescritte altre forme di adorazione. Se c’è completa padronanza dei sensi, di quale utilità è l’adorazione? E se non c’è padronanza dei sensi, ugualmente, di quale utilità è l’adorazione?
Senza l’indagine sul Sé e la conseguente tranquillità interiore, né la devozione al Signore Vishnu, né la conoscenza del Sé è possibile, perciò ricorri all’indagine sul Sé e alla pratica della cessazione della distrazione e così adora il Sé.
Il Signore Vishnu, in effetti, dimora come il Sé interiore di tutto. Sicuramente sono i peggiori tra gli uomini coloro che, abbandonando ciò che dimora all’interno, cercano Vishnu all’esterno.
La dimora primaria del Signore è nel cuore di tutti gli esseri: quello è il Suo eterno corpo. La forma che è vista con la conchiglia, il disco, la mazza ecc., è la forma secondaria del Sé.
Colui che è incapace di contemplare con attenzione focalizzata il Sé che dimora all’interno e che è perciò incapace di conseguire la saggezza del Sé, può impegnarsi nell’adorazione della forma esterna del Signore Vishnu. Con lo sforzo impegnato in tale pratica la mente gradualmente diverrà purificata e priva di colorazione.
Nel corso del tempo, quando questa pratica verrà continuata con intelligenza e saggezza, sorgeranno la gioia e la pace nel cuore e si conseguirà la maturità per la conoscenza del Sé. In effetti, il frutto che ho menzionato proviene dal Sé e l’adorazione del Signore Vishnu ne è una scusa.
Tutte queste differenti pratiche e le benedizioni che sembrano venire da esse, sono tutte basate sulla comprensione e la padronanza della propria mente, proprio come la terra è la base di tutto il diverso cibo. In effetti persino per arare il suolo, o per rivoltare una roccia, non c’è altro modo se non la padronanza della propria mente. Perciò, o Rama, rinuncia risolutamente all’oggettività della coscienza, a tutti i concetti e le nozioni e contempla l’immutabile Coscienza Infinita.
Vasistha continuò: ‘0 Rama, questo ciclo della nascita e della morte è interminabile. Questa maya cessa solo con la padronanza del proprio cuore (passioni), non altrimenti.
Ad illustrare questo, c’è una leggenda che ora ti narrerò.

La storia di Gadhi

In questo mondo c’è una regione conosciuta come Koshala. In essa vive un bramino di nome Gadhi, molto erudito e l’incarnazione stessa del dharma. Fin dalla giovinezza fu dotato di spirito di rinuncia e distacco.
Una volta andò nella foresta per praticare tapas. Desiderando vedere Vishnu, entrò nell’acqua di un fiume e cominciò a recitare vari mantra, che presto purificarono completamente il suo essere.
Dopo otto mesi, il Signore Vishnu gli apparve e gli disse. ‘Chiedimi ciò che vuoi’. Il bramino disse: ‘Signore, desidero vedere il Tuo potere illusorio, o maya, che illude tutti gli esseri e li tiene nell'ignoranza’.
Il Signore Vishnu disse: ‘Scorgerai la mia maya e quindi immediatamente abbandonerai la percezione illusoria degli oggetti’.
Dopo la scomparsa del Signore Vishnu, Gadhi uscì dall’acqua. Era molto compiaciuto. Per parecchi giorni si impegnò in varie attività spirituali, immerso costantemente nella beatitudine che era iniziata con la sua visione del Signore.
Un giorno andò al fiume per il bagno, meditando ancora sulle parole del Signore. Mentre era immerso  nell’acqua, si vide morto e pianto da tutti. Il suo corpo era caduto, il suo volto era pallido e senza vita. Si vide circondato da molti parenti che piangevano e si lamentavano. Erano inconsolabilmente colpiti dall’angoscia. Sua moglie piangeva a dirotto aggrappata ai suoi piedi, sua madre gli teneva il viso e piangeva amaramente.
Si vide giacere silente, come se fosse addormentato o in profonda meditazione. Era come se si stesse prendendo un lungo riposo. Ascoltò tutti i pianti e i lamenti dei parenti e si domandò: ‘Che cosa significa tutto questo?’ Dopo poco i parenti portarono il suo corpo al campo crematorio. Dopo i riti funebri posero il corpo sulla pira, appiccarono il fuoco e presto il corpo di Gadhi fu consumato dalle fiamme”.
Vasistha continuò: “0 Rama, Gadhi, che era ancora immerso nell’acqua, si vide allora nella regione conosciuta come Bhutamandalam, come feto nel grembo di una donna di una tribù. Era circondato da impurità nel corpo della donna. A tempo debito nacque come suo figlio.
Per un certo tempo sguazzò nei propri escrementi; era di pelle scura come i suoi parenti e amato dalla famiglia. Presto divenne un giovane robusto e un buon cacciatore. Si sposò con una donna della tribù. Girovagava liberamente nella foresta e conduceva una vita nomade, a volte dormendo sotto gli alberi, a volte in un cespuglio, a volte facendo di una caverna la sua dimora.
Divenne padre. I suoi figli erano violenti e malvagi come lui. Aveva una grande famiglia, numerosi parenti ed amici. Diventò vecchio; non morì, ma uno dopo l’altro perse tutti i parenti e gli amici. Disgustato, lasciò il suo villaggio natio e raggiunse una terra straniera.
Vagabondò senza meta in molti paesi. Un giorno entrò in un regno che era palesemente molto ricco e prospero. Stava camminando lungo la strada principale della capitale, quando vide davanti a sé un enorme elefante reale, riccamente addobbato. Esso aveva una missione: il re che governava quel regno era appena morto senza eredi; secondo la tradizione, l’elefante reale era stato incaricato di trovare un degno successore. Stava cercando una persona idonea, come un gioielliere cerca una pietra preziosa.
Il cacciatore guardò l’elefante con un misto di curiosità e meraviglia ed ecco che esso lo sollevò con la proboscide e rapidamente se lo pose sulla schiena. In quel momento, nella città echeggiò un assordante suono di tamburi. La gente, ovunque, esclamò in grande gioia: ‘Lunga vita al re!’: l’elefante aveva scelto!
Presto il cacciatore fu circondato dai membri della corte reale. Le belle cortigiane lo raggiunsero e cominciarono a vestirlo e ad adornarlo con abiti e gioielli principeschi. Gli misero ghirlande di fiori al collo, gli applicarono vari unguenti e profumi. Il cacciatore risplendeva come un re! Lo incoronarono seduto su un trono, sulla schiena di quello stesso elefante. Così, un cacciatore di una tribù diventò re di Kirapura e godette tutti i piaceri e i privilegi reali.
A poco a poco la natura stessa della sua posizione gli insegnò l’arte di governare il regno. Divenne un re famoso, col nome di Gavala”.
Vasistha continuò: “Gavala il re, devotamente servito dalle ancelle del palazzo e dai suoi ministri, aveva totalmente dimenticato la sua umile origine. Trascorsero otto anni, nei quali egli governò il regno giustamente e saggiamente, con compassione e purezza.
Un giorno, da solo, uscì dai suoi appartamenti interni senza adornarsi con gli abiti e le insegne reali. Le persone consce della loro eccellenza ignorano gli ornamenti esteriori.
Fuori dal palazzo vide un gruppo di uomini tribali che cantavano canti familiari. Quietamente si unì a loro a cominciò a cantare. Un anziano della tribù lo riconobbe e alzandosi dalla folla gli si rivolse. ‘0 Katanja, il re di questo palazzo elargisce buoni doni se riconosce una buona musica? Sono felice di vederti! Chi non si rallegrerebbe nell’incontrare un vecchio amico!’
Gavala lo ignorò, ma le donne della casa reale e i membri della corte che guardavano da lontano rimasero scossi. Il re velocemente tornò al palazzo, ma i servi e i membri della corte non si erano riavuti dallo shock provocato dal venire a sapere che il loro re era un indegno primitivo, che essi non avrebbero nemmeno toccato!
Cominciarono ad evitarlo; lo trattarono come fosse un cadavere putrido. Così, negletto dai suoi ministri, dai servi, dalle ancelle che di solito lo adornavano, Gavala cominciò ad apparire nella sua vera forma: come uno scuro e brutto indigeno, repellente come un campo crematorio! Persino i cittadini lo evitavano e scappavano nel vederlo.
Si sentì totalmente solo pur vivendo nel palazzo, circondato da una moltitudine. Si sentì un miserabile, sebbene fosse un re! Anche se cercava di parlare alla gente, questa non gli rispondeva. I capi della comunità si consigliarono tra loro e cominciarono a dire: ‘Ahimè, siamo stati resi impuri dal tocco di questo selvaggio, che vive di carne di cani! Non c’è espiazione per questa impurità se non la morte. Prepariamo una grande pira e gettiamo i nostri corpi impuri in essa per purificare le nostre anime’. Detto questo, raccolsero legna con la quale prepararono un’enorme pira funebre. Uno dopo l’ altro si gettarono in essa! In seguito al fatto che gli anziani avevano messo fine alla loro vita, nella città si creò il disordine e l’anarchia.
Il re Gavala rifletté: ‘Ahimè, tutto questo è stato provocato da me. Perché dovrei continuare a vivere? Per colui che è disonorato dalla gente la morte è preferibile alla vita!’ Quindi, risoluto, il re Gavala si gettò nel fuoco!
Mentre il fuoco cominciava a consumare gli arti di Gavala, Gadhi, che stava recitando le preghiere immerso nell’acqua del fiume, riguadagnò coscienza: ‘Sono Gadhi!’ Completò il suo rito religioso continuando a meravigliarsi: ‘Chi sono? Che cosa ho visto? E come?’
Concluse che poiché era affaticato, la sua mente, ovviamente, gli aveva giocato qualche scherzo. Mentre si allontanava dal fiume, rimuginava sulla visione e sulla natura dei genitori, dei parenti e degli amici che aveva visto in essa.
Pensò: ‘Sicuramente tutto questo era illusorio, dato che non lo percepisco ora!’
Dopo qualche giorno, un altro bramino gli fece visita e Gadhi intrattenne doverosamente l’onorato ospite. Durante la loro conversazione, Gadhi chiese all’ospite: ‘Signore, perché siete così stanco e lacero?’
L’ospite rispose: ‘0 santo, ti dirò la verità: c’è un regno nel nord chiamato Kira. Ho trascorso là un mese, egregiamente ospitato dai cittadini. Ho udito da essi una storia straordinaria. Mi dissero: “Un selvaggio ha governato questo regno per otto anni! Poi la sua identità venne scoperta. A causa sua molti bramini perirono”.
Quando udii questo, anch’io mi sentii impuro e mi recai nel luogo santo conosciuto come Prayag e mi impegnai in severe austerità e prolungati digiuni che sto interrompendo oggi’. L’ospite passò la notte da Gadhi e partì il giorno successivo.
Gadhi si disse: ‘Quello che ho visto in una allucinazione il mio ospite l’ha visto come un evento effettivo! Devo verificare per conto mio!’ Avendo così deciso, Gadhi si recò a Bhutamangala.
Gli uomini dalla coscienza evoluta, possono, con uno sforzo appropriato, conseguire quello che visualizzano mentalmente. Gadhi vide così, dopo aver raggiunto la destinazione, tutto quello che aveva visto nella sua visione.
Vide un villaggio che era rimasto profondamente impresso nella sua coscienza. Vide la casa del selvaggio (lui stesso) e gli oggetti che erano stati usati da lui. La casa era in cattive condizioni, c’erano gli scheletri degli animali che la famiglia aveva mangiato. Per qualche tempo sostò in quel tremendo luogo che sembrava un cimitero.
Andò al vicino villaggio e chiese agli abitanti: ‘Conoscete qualcosa di quel selvaggio che viveva in quella casa?’
Essi risposero: ‘Naturalmente lo conosciamo! C’era un selvaggio dall’aspetto tremendo e feroce in quella casa, che visse fino a tarda età. Quando perse tutti i suoi congiunti, se ne andò, diventò il re di Kira e governò per otto anni. Fu scoperto e come risultato molte persone morirono e anch’egli si uccise. Perché chiedete di lui? Era vostro parente?’
Udendo questo, Gadhi fu molto perplesso.
Vasistha continuò: ‘Gadhi riconobbe parecchi oggetti e luoghi legati alla sua "vita" in quel villaggio, dove giacque ebbro, dove dormì, dove mangiò, dove si vestì, ecc.
Di là Gadhi viaggiò verso il regno Kira. Andò nella capitale e chiese ad alcuni cittadini: ‘È questo il paese che fu governato da un selvaggio qualche tempo fa?’ Essi risposero con enfasi: Oh sì, e governò per otto anni, essendo stato scelto dall’elefante reale. Quando la sua identità fu scoperta si suicidò; avvenne dodici anni fa.’
Proprio allora Gadhi scorse il re che usciva da palazzo con il suo seguito e il re era il Signore Vishnu travestito. Vedendo tutto questo si meravigliò. ‘Questo, invero, è il regno di Kira, che io governai non molto tempo fa e che vedo ora come parte di una nascita passata.’
Pensò: ’Era come un sogno, tuttavia appare di fronte a me nello stato di veglia: ahimè, sicuramente sono aberrato nella rete di qualche sorta di allucinazione! Ricordo ora che il Signore Vishnu mi aveva concesso il dono della visione della sua Maya: sicuramente è questa!’
Lasciò immediatamente la città e andò in una caverna su una montagna vicina dove eseguì intense austerità. Presto il Signore Vishnu gli apparve e gli chiese di scegliere ciò che desiderava.
Gadhi chiese al Signore: ’L’allucinazione che ho avuto come in un sogno, come mai l’ho vista anche nello stato di veglia?’
Il Signore disse: ‘0 Gadhi, quello che hai visto ora è un’illusione: in verità, non è null’altro che il Sé, ma è percepito dalla mente che non è stata purificata e che non ha realizzato la verità. Non c’è nulla al di fuori del Sé. Proprio come l’albero è nel seme, tutto questo è già nella mente e la mente lo vede come se fosse all’esterno.
È solo la mente che percepisce tutto questo ora: visualizza tutto ciò come se fosse nel futuro e lo ricorda come se fosse nel passato. È soltanto la mente che viene sperimentata come sogno, illusione, malattia, ecc.
Nella mente ci sono innumerevoli eventi, come fiori in un albero in piena fioritura e proprio come un albero sradicato non produce fiori, la mente libera da condizionamenti e concetti è libera anche dalla rinascita. C’è da meravigliarsi che la mente, che contiene innumerevoli forme-pensiero, sia in grado di manifestare l’idea ‘Sono un selvaggio’?
Allo stesso modo, la stessa mente manifesta altre idee come ‘Ho un ospite bramino che mi ha raccontato la storia...’ ecc. ‘Sto andando a Bhutamandalam e sono nel regno Kira, ora’: tutto questo non era altro che un’allucinazione.
Così, o Santo, hai visto entrambe le forme dell’illusione: quella che tu stesso hai ritenuto fosse illusione e l’altra, pensata da te come realtà. Ambedue, in verità, erano allucinazioni. Non hai intrattenuto alcun ospite e non sei andato da nessuna parte: anche questo non era altro che allucinazione.
Non sei stato in realtà a Bhutamandalam, o nel regno Kira: tutto questo era illusione. Alzati, o saggio e impegnati in qualunque azione sia appropriata qui, poiché senza l’attività non si consegue ciò che è degno di essere conseguito in questa vita.’
Vasistha continuò: ‘Al fine di rassicurarsi, Gadhi una volta ancora andò a Bhutamandala. Una volta ancora udì le stesse storie dalle persone del luogo. Una volta ancora adorò il Signore Vishnu, che ancora gli apparve di fronte.
Gadhi chiese al Signore: ‘Signore, ho girato per sei mesi nei due regni e udito le stesse storie che la gente mi narrava come vere. Ti prego chiarisci questa confusione.’
Il Signore disse: ‘0 Gadhi, questi episodi sono riflessi nella tua mente, sebbene siano avvenuti indipendentemente da te, proprio come appare esserci una coincidenza tra il corvo che plana su una palma e la noce di cocco che cade a terra. Perciò essi narrano quella stessa storia che credi sia tua. Tale coincidenza non è insolita.
Qualche volta, la stessa illusione è percepita da molti. Qualche volta molte persone fanno lo stesso sogno, parecchie persone sperimentano la stessa allucinazione e molti ubriaconi possono tutti insieme, simultaneamente, sperimentare che il mondo sta vorticando intorno a loro.
Tale confusione può sorgere nelle menti delle persone anche riguardo al tempo, che è un concetto della mente. Il tempo è collegato a determinati fenomeni in una mutua relazione di causa."
Il Signore Vishnu scomparve e Gadhi contemplò a lungo. Una volta ancora lo invocò e il Signore gli apparve di fronte.
Gadhi chiese: ‘Signore, sono supremamente confuso dalla tua maya. Ti prego, rimuovi questa confusione con mezzi appropriati.
Il Signore disse: ‘Qualunque cosa tu abbia visto a Bhutamandala e a Kira, era vera. Il selvaggio conosciuto come Katanja, in effetti nacque qualche tempo fa. Perse i suoi congiunti e divenne re di Kira. Tutto questo si rifletté nella tua coscienza, proprio come la mente a volte dimentica ciò che ha effettivamente sperimentato, a volte pensa anche di aver sperimentato ciò che non ha mai visto. Proprio come si hanno sogni e visioni, si sperimentano allucinazioni anche durante lo stato di veglia.
Sebbene Katanja sia vissuto parecchi anni fa, nella tua coscienza sembrò essere nel presente. ‘Questo sono io‘, tale concetto non sorge nella persona che ha la conoscenza del Sé, ma solo nella mente di un ignorante.
‘Io sono il tutto’; sapendo questo, il conoscitore della verità, non affoga nel dolore. Egli non si attacca ad oggetti finiti che producono dolore, perciò non è sviato dalla gioia e dalla pena.
Poiché non sei pienamente illuminato, la tua mente si aggrappa all’illusione della percezione oggettiva, dei concetti. Questa maya si diffonde in tutte le direzioni, colui che rimane stabilito nel centro, è libero dall’illusione. Alzati e medita intensamente per dieci anni."
Allora Gadhi si impegnò in intensa meditazione e conseguì la realizzazione del Sé. Dopo di che visse come un saggio libero dalla paura e dal dolore.
Vasistha continuò: ‘Quest’illusione cosmica, maya, crea grande illusione ed ha la natura dello squilibrio. È estremamente difficile comprenderla.
Rama chiese: ‘Ma, o Signore, come si fa a controllare questa ruota dell’illusione cosmica, che gira con tale tremenda forza?
Vasistha rispose: ‘Questa apparizione del mondo dimora nella mente, proprio come lo spazio all’interno del vaso; se il vaso è spezzato, l’illusoria divisione dello spazio svanisce e se la mente cessa di essere, il concetto di mondo, all’interno della mente, cessa di essere.
Vivi nel presente, con la tua coscienza esteriorizzata momentaneamente, ma senza alcuno sforzo. Quando la mente smette di collegarsi al passato e al futuro, diventa non mente. Se di momento in momento la tua mente dimora sul presente per poi lasciarlo immediatamente senza sforzo, la mente diventa non mente, piena di purezza.
La mente sperimenta la diversità della sua stessa proiezione od espansione soltanto finché continua ad essere agitata, proprio come la pioggia cade solo fino a che ci sono delle nuvole; ed è soltanto fino a che la Infinita Coscienza limita Se stessa nella mente finita che tale agitazione ed espansione avviene.
Vasistha continuò: “ La Coscienza libera dalle limitazioni della mente è conosciuta come Intelligenza interiore.
Dove c’è mente fioriscono speranze e desideri e sorgono le esperienze del dolore e del piacere. La coscienza che è stata risvegliata alla verità non cade nei concetti e nei precetti, perciò, anche se sembra attraversare varie esperienze mentali, non dà origine all’illusione del mondo e al suo ciclo di apparizioni.
Nel caso di coloro che sono stati risvegliati attraverso lo studio delle Scritture, la compagnia dei santi e l’incessante e vigile pratica della verità, la Coscienza ha raggiunto il puro stato della non-oggettività.
Il Sé è il solo aiuto per la realizzazione del Sé Supremo o della Coscienza Infinita: è il proprio sé che si sforza di abbandonare il dolore e per questo la realizzazione del Sé, in prima persona, è il solo corso idoneo. Perciò, o Rama, abbandona nozioni come ‘questo è mio’, ‘questo è lui’, ‘questo sono io’ e sii stabilito nella Coscienza di indivisa unità.
Abbandona l’impurità della percezione oggettiva, delle speranze e dei desideri; rimani stabilito nel Sé. Abbandona ciò che è desiderabile e indesiderabile; sappi di essere l’Essenza della Coscienza; realizza che soggetto, oggetto ed azioni non ti toccano. Rimani come Pura Coscienza senza alcun disturbo.
Vai al di là del dharma e dell’adharma, della rettitudine e dell’ingiustizia.
Perciò si dovrebbe abbandonare la brama dei piaceri e gradualmente indebolire la mente con l’abbandono del gusto per essi.
Con la coltivazione di una falsa relazione con ciò che non è il Sé, la mente diventa grossolana, le nozioni di ‘io’ e ‘mio’ la rendono ignorante e questo è ulteriormente aggravato dalla vecchiaia, dal dolore, dalle ambizioni, dalla disperazione mentale, dagli sforzi compiuti per acquisire e abbandonare, dagli attaccamenti, dall’avidità, dalla brama di ricchezza, dalla lussuria e dal godimento dei piaceri sensoriali, tutti basati sull’ignoranza e sull’illusione. “
Vasistha continuò: “0 Rama, come si può conseguire la conoscenza del Sé se non ci si libera di questo fantasma della mente con l’aiuto della saggezza, del distacco, della grazia del maestro, del proprio sforzo, del canto dei mantra, ecc.?

La storia di Uddhalaka

Ti narrerò, ora, o Rama, come il saggio Uddhalaka, nei tempi antichi, conseguì la suprema visione della Realtà. In un angolo della terra c’è una grande montagna conosciuta come Gandhamadhana, su uno dei suoi picchi c’era un grande albero. In quella regione viveva il saggio Uddhalaka. Quando ancora era un ragazzo, aspirò a raggiungere la saggezza suprema attraverso il proprio sforzo. Naturalmente, allora era di scarsa comprensione e aveva una mente irrequieta, sebbene avesse un cuore puro. Si impegnò in austerità e nello studio delle scritture e in lui nacque la saggezza.
Un giorno, mentre sedeva solo, il saggio Uddhalaka rifletté così: ‘Che cos’è la liberazione, che si dice sia il più illustre tra gli obiettivi da conseguire, ottenuta la quale non si prova più dolore e non si rinasce? Quando riposerò definitivamente in quello stato?
Quando cesseranno le agitazioni mentali causate dai desideri e dalle brame? Quando sarò libero dai pensieri tipo: “Ho fatto questo” o “Dovrei fare quest’altro”. Quando la mia mente cesserà di intrattenere perversioni pur vivendo relazioni, come il loto che, pur vivendo sull’acqua, non ne è toccato?
Quando la mente conseguirà suprema quiescienza?
Quando sarò in grado vedere questo concetto chiamato tempo, senza esserne coinvolto? Quando, vivendo in una caverna, con una mente in perfetta tranquillità, rimarrò come una roccia in quello stato in cui non c’è affatto movimento di pensiero?’
Riflettendo così, Uddhalaka continuò la sua pratica della meditazione, ma la sua mente continuò ad essere agitata. Per alcuni giorni, comunque, essa abbandonava gli oggetti esterni e rimaneva in uno stato di purezza; altre volte era fortemente disturbata. Intensamente scosso da questi stati d’animo mutevoli, si aggirava nella foresta.
Un giorno, raggiunse un luogo solitario che non era mai stato raggiunto da nessun altro. Là vide una caverna che sembrava adatta al conseguimento dello stato di suprema tranquillità e pace. Era deliziosa, con bellissimi rampicanti fioriti tutt'intorno, il clima temperato e risplendeva come se fosse stata ricavata da uno smeraldo”.
Vasistha continuò: “Uddhalaka entrò in quella deliziosa caverna e si sedette in posizione meditativa, deciso a conseguire lo stato di mente in cui non c’è il minimo movimento del pensiero.
Concentrò la sua attenzione sulle tendenze latenti della mente e rifletté così in se stesso: ‘0 mente, che cos’hai a che fare con questa apparizione del mondo? I saggi non vengono in contatto con quello che è chiamato piacere che più tardi diventa dolore.
Colui che abbandona la pace suprema che giace all’interno e va in cerca dei piaceri sensoriali, abbandona un delizioso giardino per entrare in un cespuglio di piante velenose. Puoi andare dove desideri, non gusterai mai la pace suprema se non attraverso la perfetta quiescienza. Perciò, abbandona ogni speranza e desiderio, poiché tutti questi apparentemente deliziosi oggetti della natura non produrranno la tua felicità.
Non perire come il daino intrappolato dalla musica delle campanelle, né come l’elefante maschio catturato con l’aiuto dell’elefante femmina, né come il pesce il cui senso del gusto lo conduce a morire per mezzo dell’amo, né come la falena che attratta dalla fiamma ne rimane incenerita, né come l’ape, il cui senso dell’odorato la conduce al fiore, dove rimane intrappolata quando il fiore si richiude di notte, morendo.
0 sciocca mente, tutti questi esseri periscono per essere soggetti semplicemente alla brama di un senso. Ma tu sei una vittima di tutte e cinque le tentazioni. Come puoi essere felice? Proprio come il baco da seta tesse il suo bozzolo e ne resta intrappolato, tu hai tessuto la rete dei tuoi stessi concetti e ne sei invischiata.
Se puoi liberarti da tutto questo conseguirai la purezza, la totale equanimità. D’altra parte, se ti aggrappi a questo fenomeno perennemente mutevole chiamato mondo, sicuramente perirai nel dolore.
Ma perché ti istruisco così, o mente? Infatti, se si investiga sulla verità, si scopre che non c’è ciò che viene chiamata mente! Essa è il prodotto dell’ignoranza. Quando l’ignoranza si consuma, anche la mente si consuma. Gli uomini saggi non insegnano a colui che deve essere abbandonato.
0 mente, io sono la Coscienza Infinita ed omogenea priva d’ego. Non ho nulla a che fare con te che sei la causa dell’ego’. Uddhalaka continuò: ‘Il Sé Infinito non può essere ristretto nella mente, non più di quanto un elefante possa essere contenuto in una mela. La Coscienza che, attraverso il processo dell’auto-limitazione è confinata nel finito e perciò nei concetti e precetti, è conosciuta come mente. Il senso dell’ego è soltanto il concetto di un bambino ignorante ed è creduto solo da colui che non indaga sulla verità.
Ho indagato attentamente, ho osservato ogni cosa dalla punta dei miei piedi alla sommità del mio capo e non ho trovato nulla di cui io possa dire: “Questo sono io”. Chi è “io”? Io sono la Coscienza Onnipervadente che in se stessa non è un oggetto di conoscenza ed è libera dalla condizione di ego. Io sono Quello che è indivisibile, che non ha nome, né subisce mutamenti, che è al di là di ogni concetto di unità e diversità, di misura, di piccolo o grande e al di fuori del quale non c’è null’altro. Perciò, o mente, ti abbandono in quanto sei la sorgente del dolore.
In questo corpo in cui c’è carne, sangue, ossa, ecc., chi dice: “Questo sono io?”
Io non sono nulla di tutto ciò, né te, o mente, né questi concetti. Io sono Infinita Coscienza, pura e indipendente. ”Io sono tutto questo" o "non c’è io", entrambe sono espressioni della stessa verità, null’altro è la verità.
Ahimè, così a lungo sono stato vittima dell’ignoranza, ma, fortunatamente ho scoperto quello che mi ha derubato della coscienza del Sé. Non sarò mai più vittima dell’ignoranza: come la nuvola che è sulla cima della collina non appartiene alla collina, sebbene io sembri associato al dolore, sono indipendente da esso.
Questi occhi vedono o sperimentano i loro oggetti naturalmente, senza essere spinti a farlo da un precedente condizionamento. Se le azioni sono eseguite spontaneamente, senza condizionamento mentale, la loro esperienza sarà pura e libera dai ricordi di passata felicità o infelicità.
0 sensi, eseguite le vostre funzioni senza farmi ostacolare dalla memoria o condizionamento mentale che, in realtà, non è diversa e non è indipendente dalla Coscienza Infinita. Può quindi essere facilmente dispersa non facendola rivivere nella coscienza.
0 mente, abbandona questa percezione della diversità e realizza l’irrealtà della tua stessa indipendenza dalla Coscienza Infinita. Questa è la liberazione’.
In verità, non c’è null’altro che il Sé, perciò realizza che tutto questo è Brahman.
Il senso dell’ego è la sorgente di infinito dolore, sofferenze e cattive azioni. La vita termina nella morte e la morte conduce alla nascita. Tali nozioni, intrattenute dal senso dell’ego, conducono a grande dolore. L’ansietà causata da pensieri quali ‘ora ho ottenuto questo’, ‘otterrò anche quello’ brucia l’ignorante. ‘Questo è’, ‘questo non è’: tali nozioni causano irrequietezza nell’individuo, ma se il senso dell’ego cessa di essere allora l’illusoria apparizione del mondo non germinerà più e ogni brama giungerà a fine.
Proprio come l’oceano esiste nel passato, nel presente e nel futuro come oceano e la stessa acqua temporaneamente assume la forma di un’onda, tutto questo è per sempre l’Essere Cosmico in ogni tempo. È soltanto uno sciocco colui che trattiene il sentimento ‘questo sono io’ in relazione a questa apparizione temporanea conosciuta come corpo, ecc.
Allo stesso modo, la mente all’inizio era Coscienza e sarà ancora Coscienza alla fine, dopo che la sua natura e funzione come mente saranno cessate. Perché allora è chiamata differentemente nel mezzo, cioè ora?
Tutti questi fenomeni sembrano avere una realtà transitoria, come esperienze di sogno, visioni in uno stato di delirio, allucinazioni di un ubriaco, illusioni ottiche, malattie mentali, disturbi emotivi e stati psicotici. Ma, o mente, tu hai conferito ad essi una realtà permanente: proprio come un amante soffre al pensiero stesso della separazione dal suo amato. Ma naturalmente questo non è un tuo difetto: sono io che ancora mi aggrappo alla nozione che tu, la mente, sia un’entità reale.
Quando realizzerò che tutti questi fenomeni sono apparizioni illusorie, allora diverrai non-mente e tutte le memorie delle esperienze di senso avranno termine. Quando la Coscienza realizza Se stessa e abbandona il suo condizionamento mentale, la mente è liberata e riposa nella sua natura essenziale, che è Coscienza.’
Uddhalaka continuò a contemplare: ‘ Quando la mente percepisce il corpo come distinto da essa, abbandona i suoi condizionamenti, riconosce la sua natura transitoria ed è vittoriosa. La mente dà origine al corpo attraverso la sua forza-pensiero e durante la sua vita lo nutre con il suo dolore. Così, torturato dal dolore, il corpo desidera distruggere la mente, il suo genitore. Non c’è amico né nemico in questo mondo: quello che ci dà piacere è considerato amico e quello che ci causa dolore è nostro nemico.
Quando, in questo modo, la mente e il corpo sono costantemente impegnati nella distruzione reciproca, come si può avere felicità? È per mezzo della distruzione della mente che ci può essere felicità, perciò il corpo cerca ogni giorno, nel sonno profondo, di distruggere la mente.
Comunque, fino a che non viene conseguita la conoscenza del Sé, essi sembrano involontariamente funzionare insieme per uno scopo comune, proprio come l’acqua e il fuoco, sebbene opposti, cooperano per una causa comune.
Se la mente cessa di essere anche il corpo cessa di esistere, a causa del venir meno della forza-pensiero e del condizionamento mentale; ma la mente non cessa di essere quando il corpo muore, perciò bisognerebbe sforzarsi di uccidere la mente. Essa è come una foresta, con le forme-pensiero come alberi e le brame come rampicanti: distruggendo ciò si consegue la beatitudine.
Quando la mente è morta, che il corpo esista o meno, non ha importanza per me. Che io non sono il corpo è ovvio, poiché un cadavere non funziona. Dove c’è conoscenza del Sé non ci sono né mente, né sensi, né tendenze o abitudini, né concetti, ecc.
Ho conseguito quello stato supremo: sono emerso vittorioso, ho conseguito la liberazione. Mi sono elevato al di sopra di ogni relazione con la mente, il corpo e i sensi, proprio come l’olio spremuto dai semi non ha relazione con essi. Per me ora la mente, il corpo e i sensi sono trastulli. La purezza, la totale realizzazione di tutti i desideri e perciò la loro assenza, l’amicizia verso tutti, la veridicità, la saggezza, la tranquillità e la beatitudine, la dolcezza di linguaggio, la suprema magnanimità, lo splendore, la focalizzazione e la realizzazione dell’unità cosmica, la mancanza di paura, l’assenza di coscienza divisa, la non perversione: questi sono i miei costanti compagni.
Poiché in ogni tempo, ovunque, ogni cosa avviene in ogni modo, in me non c’è desiderio o avversione per nulla, piacevole o spiacevole. Poiché ogni illusione è giunta a fine, la mente ha cessato di essere ed i malvagi pensieri sono svaniti, riposo pacificamente nel mio stesso Sé”.
Vasistha continuò: “Il saggio Uddhalaka, allora si sedette nella posizione del loto con gli occhi semi chiusi in meditazione. Pronunciò il sacro suono OM che dona lo stato più alto. Lo intonò in tale modo che le sue vibrazioni riempirono il suo intero essere, fino alla corona del capo.
Come prima parte della sua pratica, esalò il respiro completamente. Era come se la sua forma vitale avesse abbandonato il corpo e si stesse aggirando nello spazio della Pura Coscienza. Il fuoco che sorse dal suo cuore, bruciò l’intero corpo.
Con la seconda ripetizione del suono OM, raggiunse lo stato di equilibrio e avvenne in lui una spontanea ritenzione della forza vitale, del prana e del respiro senza agitazione o vibrazione. La forza vitale rimase immobile, né all’esterno, né all'interno, né sotto, né sopra. Dopo aver ridotto il corpo in cenere, il fuoco bruciò se stesso e svanì. Rimasero solo le ceneri. Era come se le ossa stesse fossero diventate canfora bruciata nell’adorazione. Le ceneri furono spazzate via da un potente vento che le disperse nello spazio.
Nel terzo stadio, quando il suono OM raggiunse il culmine o la tranquillità, cominciò l’inalazione del respiro. Durante questo stadio le forze vitali, che erano al centro stesso della Coscienza, si diffusero nello spazio come una fresca brezza. Esse raggiunsero la regione della luna, dove si diffusero come raggi propizi che piovvero sulle ceneri del corpo che rimanevano. Immediatamente da esse nacque un essere radioso, con quattro braccia come il Signore Vishnu.
Uddhalaka risplendeva come una divinità; il suo intero essere era trasformato. La forza vitale riempiva la kundalini interiore che si diffuse come una spirale. Il corpo di Uddhalaka era stato così completamente purificato.
Poi, egli, che era già seduto nella posizione del loto, rese ferma la posizione, vincolò i sensi e cominciò a rendere la sua coscienza assolutamente libera dal minimo movimento del pensiero. Con tutta la sua forza controllò la sua mente dalla distrazione. I suoi occhi semi-chiusi erano immobili e con la mente stabilita nel silenzio interiore equalizzò il movimento delle forze gemelle, prana ed apana e ritirò i sensi dal contatto con gli oggetti, come l’olio si separa dal seme.
Poi divenne direttamente consapevole del condizionamento mentale creato dalle esperienze passate e decondizionò la consapevolezza rendendola pura. Poi, fermamente chiuse il Mulabandha e le altre aperture del corpo e, con la sua forza vitale e la consapevolezza così impossibilitate ad esteriorizzarsi, per mezzo della perfetta disciplina, tenne la mente nel cuore”.
Vasistha continuò: “La mente di Uddhalaka aveva conseguito l’assoluta tranquillità e nessuna distrazione poteva affliggerla. Vide direttamente nel suo cuore l’oscurità dell’ignoranza che vela la luce della conoscenza del Sé. Con la luce della conoscenza che nacque in lui disperse persino quell’oscurità. Allora vide la luce all’interno.
Però, quando quella luce diminuì, il saggio sperimentò il sonno, ma dissolse anche quell’ottusità. Una volta che anche questo fu allontanato, la mente del saggio lanciò differenti forme luminose. Egli chiarì la sua coscienza da queste visioni.
Poi fu sopraffatto da una grande inerzia, come un intossicato. Superò anche questa e quindi la sua mente riposò in un altro stato diverso da quelli che sono stati descritti finora.
Dopo un po’ la sua mente, comunque, si risvegliò all’esperienza della totalità dell’esistenza. Immediatamente, sperimentò Pura Consapevolezza: fino ad allora associata ad altri fattori, aveva riguadagnato la sua purezza ed indipendenza, proprio come l’acqua fangosa in un vaso, una volta evaporata, restituisce al fango la sua unità col vaso, poiché è composto della stessa sostanza. Proprio come l’onda si fonde nell’oceano e diventa non diversa da esso, la Coscienza abbandonò la sua oggettivazione e riguadagnò l’Assoluta Purezza.
Uddhalaka era illuminato: gioì la suprema beatitudine che gli dei come Brahma gioiscono. Il suo stato era al di là della descrizione: era una sola cosa con l’oceano della beatitudine.
Presto Uddhalaka, in quell’Infinita Coscienza, scorse grandi saggi e li ignorò; continuò con l'esperienza della suprema beatitudine e conseguì lo stato di colui che è liberato pur vivendo. Scorse gli dei, i saggi e i membri della Trinità e andò al di là persino di quello stato.
Era completamente tramutato nella beatitudine stessa e perciò era andato al di là del regno della beatitudine. Non sperimentò né la beatitudine né la non beatitudine: divenne Pura Coscienza. Colui che sperimenta questo anche per un momento è disinteressato persino alle delizie del cielo. Questo è lo Stato Supremo, questa è la Meta, questa è l’Eterna Dimora.
Uddhalaka rimase per sei mesi in questo stato, evitando con la vigilanza la tentazione dei poteri psichici. Persino gli dei e i saggi lo adorarono. Fu invitato ad ascendere al cielo, ma declinò l’invito. Totalmente libero da ogni desiderio si aggirò come un saggio liberato pur vivendo; spesso passava giorni e mesi in meditazione nelle caverne sulle montagne.
Sebbene in altri momenti si impegnasse nelle ordinarie attività del vivere, aveva raggiunto lo stato di perfetto equilibrio. Guardava tutto con visione equanime. La sua luce interiore risplendeva costantemente, mai sorgendo e mai tramontando. Con tutte le nozioni di dualità totalmente a riposo, visse privo di coscienza corporea stabilito nel Puro Essere”.
I saggi e i membri della Trinità sono stabiliti in questa Coscienza, o Rama.
Avendo raggiunto questo stato di coscienza Uddhalaka visse per qualche tempo. Poi nella sua mente sorse il desiderio: ‘Che io abbandoni questa incarnazione!’
Andò in un caverna di montagna, si sedette nella posizione del loto con gli occhi semi-chiusi; chiuse le nove aperture del corpo, premendo il calcagno contro il Mulabandha, ritirò i sensi nel cuore, controllò la forza vitale, tenne il corpo in uno stato di perfetto equilibrio. Premette la punta della lingua contro il palato: le sue mascelle erano leggermente separate una dall’altra.
La sua visione interiore non era diretta né all’interno, né all’esterno, né sopra, né sotto, né nella sostanzialità, né nel vuoto, era stabilito nella Pura Coscienza e sperimentò la pura beatitudine. Aveva raggiunto la Coscienza del Puro Essere, al di là persino dello stato della beatitudine.
Gradualmente, giorno dopo giorno, conseguì la perfetta quiescienza. Rimase nel suo stesso Puro Essere, si era elevato al di là del ciclo della nascita e della morte. Così il suo corpo rimase per sei mesi.
Un giorno, parecchie dee, guidate da Parvati arrivarono in quel luogo, in risposta alle preghiere di un devoto. Esse, che sono adorate dagli dei stessi, videro il corpo di Uddhalaka che era stato seccato dai  brucianti raggi del sole. Tale è la gloriosa storia del saggio Uddhalaka, o Rama, che risveglia la più alta saggezza nel cuore di colui che prende rifugio alla sua ombra”.
Vasistha continuò: “0 Rama, vivendo così, indagando con costanza sulla natura del Sé, consegui la pace. Questo stato di coscienza può essere acquisito coltivando il distacco, lo studio delle scritture, le istruzioni di un maestro e con la persistente pratica dell’indagine. Ma se l’intelligenza risvegliata è acuta, si può conseguire questo anche senza gli altri aiuti”.
Rama chiese: “0 Signore, ci sono alcuni che riposano nella conoscenza del Sé, che sono illuminati e tuttavia si impegnano nell’attività e altri che si isolano e praticano la contemplazione (samadhi). Chi è migliore?”
Vasistha rispose: “Rama, è samadhi quello in cui si realizzano gli oggetti dei sensi come non-Sé e così si gioisce la calma della tranquillità interiore costantemente. Avendo realizzato che gli oggetti sono in relazione solo alla mente, riposando perciò sempre nella pace interiore, alcuni sono impegnati nell’attività, altri sono in isolamento. Entrambi gioiscono la beatitudine della contemplazione.
Se la mente di colui che sembra in samadhi è distratta, costui è un pazzo. D’altra parte, se la mente di colui che sembra un pazzo è libera da ogni nozione e distrazione, egli è illuminato ed è in un samadhi ininterrotto.
Che egli sia impegnato nell’attività o viva in isolamento nella foresta, nell’illuminazione non c’è distinzione: la mente libera dal condizionamento non è macchiata nemmeno nell’attività.
La non-azione della mente è conosciuta come quiescienza (samadhana). È libertà totale, benedizione. La differenza tra contemplazione o samadhi e la sua assenza è indicata dal fatto che ci sia o meno movimento di pensiero nella mente. Perciò rendi la mente incondizionata.
La mente incondizionata è ferma e questo in se stesso è meditazione, libertà e pace eterna.
Questo è conosciuto come ‘samadhi’, in cui tutti i desideri e le speranze concernenti il mondo sono cessati, in cui c’è libertà dal dolore, dalla paura e dal desiderio e nel quale il Sé riposa in Se stesso. Per quel capofamiglia la cui mente ha ottenuto suprema quiescienza, la sua casa stessa è la foresta. Se la mente è in pace e non c’è senso dell’ego, anche le città sono vuote.
D’altra parte, le foreste sono come città per colui il cui cuore è pieno di desideri ed altri mali."
Vasistha continuò: “Colui che vede il Sé come l’Essere Trascendente o come l’Essere Immanente, cioè il Sé di tutto, è stabilito nell’equanimità. Colui nel quale attrazioni e repulsioni sono cessate, per cui tutti gli esseri sono uguali e che percepisce il mondo nello stato di veglia come percepisce gli oggetti in un sogno, egli è stabilito nell’equanimità e vive in una foresta anche se vive in un villaggio. Colui che si aggira per il mondo con la sua coscienza rivolta su se stessa, persino nella città o nei villaggi vede la foresta. Colui che ha conseguito pace e tranquillità interiori trova la pace e la tranquillità ovunque nel mondo; colui la cui mente è agitata e irrequieta trova il mondo pieno di irrequietezza, poiché ciò che uno sperimenta all’interno quello solo sperimenta anche all’esterno. In effetti, il cielo, la terra, l’aria, lo spazio, le montagne e i fiumi sono tutti parte dello strumento interiore, cioè la mente: sembrano soltanto essere all’esterno. Tutti questi esistono come l’albero nel seme e sono esteriorizzati come il profumo di un fiore; in verità non c’è nulla né all’interno né all’esterno. Qualunque cosa la Coscienza concepisca, in qualunque maniera, appare tale.
L’uomo ignorante non realizza l’irrealtà degli oggetti, perché non ha realizzato la Realtà. Colui che ha conseguito lo stato del Puro Essere non è mai depresso, che egli viva o muoia, a casa o altrove, nel lusso o nella povertà, che egli gioisca e danzi o rinunci ad ogni cosa e si isoli su una montagna, che egli si cosparga di creme e profumi costosi o abbia i capelli intrecciati, o cada nel fuoco, che commetta peccati o azioni virtuose, che muoia o viva fino alla fine del mondo, poiché non fa nulla.
Il saggio illuminato non ottiene nulla né facendo qualcosa né non facendolo; proprio come un albero non origina da una pietra, i desideri non sorgono nella vita di un saggio. Se a volte essi sorgono, istantaneamente svaniscono come una scritta sull’acqua. Il saggio e l’intero universo non sono diversi l’uno dall’altro.
La Coscienza Infinita, essendo l’Onnipresenza che dimora all’interno, diventa consapevole della natura di una roccia, di una montagna, di un albero, dell’acqua, dello spazio e così sorge la coscienza del sé o individualità. In questo modo, la naturale combinazione di particelle atomiche e molecole agiscono apparentemente come un muro divisorio dando così origine alle divisioni di io, tu, ecc. E queste allora sembrano essere al di fuori della Coscienza come suoi oggetti; in effetti, tutte queste non sono altro che riflessi nella Coscienza che, diventando consapevole di essi all’interno di Se stessa dona loro la loro apparente individualità. La Coscienza gusta Se stessa, e questo sembra dar origine al senso dell’ego, ecc. Il cristallo di questa Coscienza Infinita riflette la Sua propria luce in tutte queste combinazioni di particelle atomiche ed esse allora ottengono un’apparente autocoscienza e pensano: ‘Io sono, ecc.’. In realtà, poiché la consapevolezza interiore in tutte queste combinazioni non è differente dalla Coscienza Infinita, non c’è relazione tra loro di soggetto ed oggetto, perciò uno non sperimenta l’altro, non guadagna l’ altro né cambia o modifica l’altro. 0 Rama, tutto ciò che ho detto è soltanto un gioco di parole per aiutare la tua comprensione: non c’è una cosa come io o il mondo; non c’è mente né un oggetto di conoscenza, né l’illusione del mondo. Proprio come l’acqua acquisisce l’apparenza di un gorgo con una sua propria personalità, la Coscienza sembra dare vita all’io, ecc., in Se stessa. Ma la Coscienza è soltanto Coscienza, che essa consideri Se stessa come il Signore Shiva o un piccolo ego. Tutta questa diversità di io, tuo, ecc. e di sostanze materiali sorge per la soddisfazione dell’ignorante; qualunque cosa la persona ignorante immagini nella Coscienza Infinita, quello soltanto egli vede. Non c’è reale ed essenziale distinzione tra l’individuo jiva e l’Essere Cosmico Shiva. Sappi che tutto questo è la Coscienza Indivisa ed Indivisibile.

Vasistha continuò: “In questo contesto, o Rama, ascolta un’interessante storia.