13 La storia di Suraghu
Nella
catena himalayana c’è una montagna chiamata Kailash; ai piedi di quella
montagna viveva una tribù conosciuta come Hemajata (dai capelli gialli).
Suraghu era il loro re, forte, potente e saggio; era investito di conoscenza e
molto dotato per la poesia e le arti letterarie; la fatica gli era sconosciuta
ed era giusto nel suo governo. In tutta questa attività, comunque, la sua
visione spirituale venne oscurata. Suraghu cominciò a riflettere in se stesso:
‘Le persone a causa mia subiscono molta sofferenza e la loro sofferenza è in
verità la mia stessa sofferenza; dovrei distribuire tra loro ricchezze,
dovrebbero rallegrarsi, proprio come mi rallegrerei io se diventassi ricco; la
loro gioia è la mia gioia. Ahimè, alternativamente benedicendo e punendo la
gente, io stesso gioisco e soffro!"
Pensando
così il re era grandemente disturbato.
Un giorno
il saggio Mandavya venne a visitare il re. Suraghu, dopo avergli dato il
benvenuto, gli chiese: ‘Signore, sono tormentato dalle ansietà che le
benedizioni e le punizioni che io infliggo sui miei sudditi ritornino a me. Ti
prego, aiutami ad ottenere la visione equanime e salvami dal pregiudizio e
dalla parzialità.’
Mareiavya disse: ‘Ogni debolezza mentale trova termine per mezzo del
proprio sforzo basato sulla saggezza che sorge in colui che è fermamente
radicato nella conoscenza del Sé. La disperazione della mente viene dispersa
dall’indagine nella natura del Sé. Uno dovrebbe indagare nella propria mente:
“Cosa sono questi stati d’animo, questi sentimenti che sorgono in me?” Per
mezzo di tale indagine la tua mente si espanderà. Quando realizzerai la tua
vera natura per mezzo di tale indagine non sarai disturbato dall’esultazione o
dalla depressione; la mente abbandona il passato ed il futuro e, in questo
modo, il suo funzionamento frammentario; allora si sperimenta pace suprema.
Quando sarai in quello stato di grande tranquillità avrai pietà per coloro che
sguazzano in grande ricchezza e potere secolare. Quando avrai conseguito la
conoscenza del Sé e quando la tua coscienza si sarà espansa all’infinito, la
tua mente non cadrà più nei gorghi di questo mondo, proprio come un elefante
non entra in una pozza d’acqua. È soltanto la mente piccola che cerca piccoli
piaceri e potere. La mente abbandona ogni cosa quando è ottenuta la visione del
Supremo, perciò uno dovrebbe risolutamente rinunciare ad ogni cosa, fino a che
la visione suprema non viene conseguita. La conoscenza del Sé non viene
guadagnata fino a che non si rinuncia ad ogni cosa; quando tutti i punti di
vista sono abbandonati, ciò che rimane è il Sé. Questo è vero persino nella
vita in questo mondo: non si ottiene ciò che si desidera a meno che non vengano
rimossi gli ostacoli a questo, ed è ancor più così nella conoscenza del Sé.”
Quando il
saggio Mandavya se ne fu andato, Suraghu contemplò così: “Che cos’è che è
conosciuto come ‘io’? Io non sono il monte Meru, il Meru non è mio; non sono la
tribù della collina né la tribù della collina è mia. Questo è semplicemente
chiamato il mio regno, io abbandono quella nozione. Ora rimane la città
capitale: io non sono questa città né è mia; è abbandonata anche questa
nozione. Così abbandono anche le nozioni delle relazioni familiari, della
moglie, dei figli, ecc. Io non sono le sostanze inerti come la carne, le ossa,
non sono il sangue né gli organi d’azione: tutti questi sono sostanze inerti,
ma io sono senziente. Non sono i piaceri né essi appartengono a me; questo
intelletto e gli organi di senso non sono me né sono miei: sono inerti ed io
sono senziente. Non sono la mente che è la causa-radice di questo ignorante
circolo di nascita e morte; non sono la facoltà della discriminazione né il
senso dell’ego, essendo nozioni che sorgono nella mente: ora cosa rimane? Ciò
che rimane è l’anima senziente, l’individuo, ma è coinvolto nella relazione
soggetto ed oggetto. Ciò che è oggetto di conoscenza o comprensione, cioè ciò
che è altri da me, non è il Sé, così abbandono quello che è conoscibile o
l’oggetto. Ciò che ora rimane è la Pura Coscienza che è libera dall’ombra del
dubbio. Io sono il Sé Infinito poiché non c’è limite a questo Sé. Persino gli
dei come Brahma il Creatore, Indra il re degli dei, Yama il dio della morte,
Vayu il dio del vento e tutti gli innumerevoli esseri, sono espressioni di
questa Coscienza Infinita. Questa Chit-Shakti, Coscienza Onnipotente, è libera
dal difetto dell’oggettività, è al di là di essere e non-essere sebbene sia la
Realtà in tutte le cose; pervade tutti gli esseri nell’universo, è la bellezza
in tutto e la luce di tutto. È l’Essenza di tutte le forme e tutte le
modificazioni, tuttavia, è al di là di tutte queste. In ogni tempo è Tutto in
tutto; Essa stessa si diffonde come questi quattordici piani di esistenza.
Persino la nozione concernente questo universo non è altro che questa
Onnipotente Coscienza. Le frammentarie nozioni di dolore e piacere sono false,
poiché questa Onnipotente Coscienza è Onnipresente e Infinita. Questo è il Sé
quando sono risvegliato. Quando sono illuso questo stesso diventa il re; è per
la Sua grazia che il corpo, la mente, ecc. funzionano; è per il Suo potere che
ogni cosa nell’intero universo danza al Suo volere. Com’è sciocco che io abbia
sperimentato disperazione nell’aver benedetto e punito! Sono stato risvegliato;
ho visto ciò che c’era da vedere, conseguito ciò che era degno di essere
conseguito. Che cos’è tutto questo piacere e dolore, felicità e disperazione,
benedizione e punizione? Tutto questo è pervaso da Brahman, l’Assoluto. Dov’è
la giustificazione per l’angoscia e l’illusione? Chi fa che cosa? Tutto non è
altro che l’Infinita Coscienza.
Omaggi a
Te, o magnifico Dio, saluti al Sé Infinito.’
Vasistha continuò: “Per mezzo di tale indagine, Suraghu conseguì lo stato
supremo della Coscienza. Non si angosciò mai più e da quel momento in poi
eseguì il suo dovere rimanendo sempre in uno stato equilibrato di mente,
compassionevole e tuttavia giusto. Così governò in questo mondo per
considerevole tempo e poi, di sua volontà, abbandonò il corpo immergendosi
nell’Infinita Coscienza.
0 Rama,
vivi e governa il mondo in questo modo con mente illuminata.”
Rama chiese: “Ma, o signore, la mente è così instabile! Come si fa a
raggiungere lo stato di perfetta equanimità?”
Vasistha continuò: “0 Rama, un dialogo inerente a questo problema avvenne
tra quello stesso re Suraghu e il saggio Parigha. Ascolta.
C’era un
re, in Persia, Parigha, che era un caro amico del re Suraghu. Una volta. nel
regno di Parigha, ci fu una grande carestia; disperato alla visione della
sofferenza del popolo e vedendo che tutti i suoi tentativi di portar loro
sollievo si dimostravano infruttuosi, Parigha se ne andò nella foresta,
all'insaputa della sua gente, per eseguire austerità. Visse di foglie secche e
si guadagnò il nome Parnada. Dopo mille anni di austerità e contemplazione,
conseguì la conoscenza del Sé e da allora in poi si aggirò per i tre mondi
liberamente.
Un giorno
incontrò il re Suraghu che aveva già conosciuto in precedenza e i due re
illuminati si onorarono doverosamente l’un con l’altro; poi Parigha chiese a
Suraghu: ‘Proprio come tu hai raggiunto la conoscenza del Sé attraverso le
istruzioni del saggio Mandavya, io l’ho raggiunta attraverso la grazia del
Signore conseguita dall’austerità. Ti prego, dimmi, la tua mente è in perfetto
riposo ora? I tuoi sudditi vivono in pace e prosperità? Sei fermamente
stabilito nel distacco?’
Suraghu
rispose: ‘Chi può realmente comprendere il corso della Volontà Divina! Tu ed io
siamo stati separati da una grande distanza fino ad ora, ma ora siamo stati
riuniti. Che cosa c’è di impossibile per il Divino? La tua presenza tra noi è
una benedizione, la compagnia degli uomini buoni e santi è invero eguale al
supremo stato di liberazione.’
Parigha disse: “0 re tutte le azioni che sono eseguite da colui che è
fermamente stabilito nell’equanimità producono gioia, non quelle fatte dagli
altri. Sei stabilito in quello stato di pace suprema in cui non sorgono più
pensieri e nozioni nella tua mente e che è conosciuto come samadhi?’
Suraghu disse: ‘0 saggio, ti prego, dimmi questo: perché soltanto
quello stato di mente libero dai pensieri e dalle emozioni è chiamato samadhi?
Se uno è un conoscitore della Verità, che egli sia impegnato in costante azione
o nella contemplazione, forse che la sua mente perde mai quello stato? No. Gli
illuminati sono sempre in samadhi, anche se si impegnano negli affari del
mondo. D’altra parte, colui la cui mente non è in pace non gioisce il samadhi
anche se siede nella posizione del loto. La conoscenza della Verità, signore, è
il fuoco che brucia ogni speranza e desiderio, così come se fossero steli
d’erba secca e questo è conosciuto con la parola samadhi, non il semplice
rimanere silente. E conosciuto come stato di samadhi quello in cui c’è eterna
soddisfazione, chiara percezione di ciò che è, il non essere soggetti alle
coppie di opposti, la libertà dall’ansia e dal desiderio di acquisire o
rigettare; dal momento stesso in cui albeggia la conoscenza del Sé lo stato del
samadhi diventa permanente nel saggio; egli non lo perde né esso viene interrotto
neanche per un momento. Proprio come il tempo non dimentica di procedere,
l’uomo di conoscenza non dimentica il Sé; proprio come un oggetto materiale è
sempre materiale, il saggio di conoscenza è per sempre un saggio. Perciò io
sono sempre risvegliato, puro ed in pace all’interno di me stesso, in uno stato
di samadhi. Come può essere altrimenti? Come ci può essere qualcosa che sia
diverso dal mio Sé? Quando in ogni tempo, in tutti i modi, il Sé soltanto è
tutto in tutto? Come ci può essere uno stato diverso dal samadhi? E che cosa
può essere definito samadhi?’
Parigha disse: ‘Sicuramente, o re, hai conseguito la totale
illuminazione. Risplendi raggiante di beatitudine e pace, dolcezza e purezza;
in te non c’è desiderio o avversione.’
Suraghu continuò: ‘0 saggio, non c’è in effetti nulla che sia degno di
essere desiderato o rinunciato. Il bene e il male, il grande e il piccolo, il
degno o l’indegno sono tutti basati sulla nozione della desiderabilità. Quando
la desiderabilità non ha significato gli altri non sorgono affatto; in verità
non c’è nessuna essenza in tutto quello che è visto in questo mondo, le
montagne, gli oceani, le foreste, gli uomini e le donne e tutti gli oggetti,
perciò non c’è desiderio di loro. Quando non c’è desiderio, nel cuore c’è suprema
pace.’
Vasistha continuò: ‘13opo aver così considerato l’illusoria natura
dell’apparizione del mondo e dopo essersi adorati mutuamente l’un con l’altro,
Suraghu e Parigha continuarono i loro rispettivi doveri.
0 Rama,
sii fermamente stabilito in questa saggezza ed abbandona l’impura nozione del
senso dell’ego. Quando il cuore puro contempla lo spazio infinito nella
Coscienza, che è la sorgente di tutta la beatitudine e che è di facile
raggiungimento per tutti, riposa nel Sé Supremo. La mente che è cosi devota
all’Infinita Coscienza non è influenzata dal dolore; anche se ti impegni nelle
attività collegate alla tua vita giornaliera e anche se le attrazioni e le
repulsioni sorgono in te, il tuo essere interiore non diverrà mai impuro.
Proprio come la luce soltanto può rimuovere l’oscurità, la conoscenza che
questo mondo è la creazione dell’ignoranza è il solo rimedio a questi mali. Una
volta che è sorta questa conoscenza, la percezione ignorante del mondo come
qualcosa di reale cessa una volta per tutte; poi, anche se ti impegnerai
nell’attività, non vi sarai attaccato e perciò non ne sarai macchiato; proprio
come gli occhi del pesce non sono affetti dall’acqua del mare, non
sperimenterai mai più l’illusione. Solo in quei giorni in cui la luce della
conoscenza risplende brillantemente nel proprio cuore uno vive veramente; tutte
le proprie azioni sono piene di beatitudine in quei giorni. Sono amici,
scritture e giorni soltanto quelli che generano nel proprio cuore il vero
distacco e la conoscenza del Sé. 0 Rama, la compagnia dei saggi ti fornirà la
conoscenza dei mezzi per conseguire la conoscenza del Sé, perciò uno non
dovrebbe vivere in quei luoghi dove tale compagnia non è disponibile. Nella
compagnia dei saggi la mente del cercatore diventa quiescente immediatamente;
uno dovrebbe elevare se stesso e non sguazzare nel fango dell’ignoranza. In
questo, né la ricchezza né gli amici né i parenti né le scritture sono di
qualche aiuto; solo la mente pura che è costantemente impegnata nell’indagine
sul Sé e che è investita di distacco mette in grado di attraversare questo
oceano di ignoranza. Il momento stesso in cui uno considera il corpo come una
sostanza inerte consegue la conoscenza del Sé. Quando la mente ed il senso
dell’ego cessano, allora sorge questa conoscenza del Sé. È raggiunta dalla
pratica dello yoga; è comparabile, sotto qualche aspetto, al sonno profondo ma
è in realtà incomparabile, indescrivibile.
Vasistha continuò: “0 Rama, sino a che non si soggioga la mente con la
mente, non si può conseguire la conoscenza del Sé; e sino a che si
intrattengono le false nozioni dell’"io" e del "mio", sino
ad allora il dolore non troverà fine, proprio come il sole in un dipinto non
tramonta mai. C’è una leggenda che illustra questa verità. Ascoltala.
C’è una
grande montagna che è grande quanto i tre mondi messi assieme. Sui suoi picchi
dimorano gli dei, nel mezzo dimorano gli esseri umani e alla sua base dimorano
quelli del mondo infernale. È conosciuta come Sahya. Contiene ogni cosa, per
così dire. Su di essa c’è l’eremitaggio del saggio Atri. Là dimoravano due
saggi conosciuti come Brihaspati e Sukra, ciascuno dei quali aveva un figlio di
nome rispettivamente Vilasa e Bhasa. I due ragazzi diventarono due giovani
uomini. Erano grandemente attaccati uno all’altro e inseparabili.
Nel corso
del tempo, i due saggi, Brihaspati e Sukra, lasciarono questo mondo. Pieni di
dolore, i due giovani eseguirono gli appropriati riti funerari. A causa della
perdita dei loro padri si sentirono disinteressati circa la proprietà, la ricchezza,
ecc. ed entrambi andarono a vivere nella foresta, ciascuno in una diversa
direzione, per condurre una vita nomade. Dopo considerevole tempo, si
incontrarono ancora.
Vilasa disse al suo amico Bhasa: “Quale delizia incontrarti
ancora, carissimo amico. Dimmi che cosa hai fatto da quando ci siamo separati.
Le tue austerità hanno portato frutto? La tua mente si è liberata dalla
bruciante febbre della mondanità? Hai conseguito la conoscenza del Sé? Dimmi:
stai bene e sei felice?”
Bhasa rispose: “Mi considero estremamente fortunato nel rivederti, mio
caro amico e fratello. Comunque, come possiamo, noi che vaghiamo in questa
apparizione del mondo, essere mai felici e star bene, a meno che non
conseguiamo la più alta saggezza, a meno che non cessino le perversioni
mentali? Se non attraversiamo questo oceano del ciclo del mondo, come potremo
star bene ed essere felici? A meno che le speranze e i desideri nati dalla
mente non siano completamente distrutt4 come possiamo stare bene ed essere
felici? A meno che non conseguiamo la conoscenza del Sé, ritorneremo nuovamente
in questo piano di nascita e morte per sopportare la fanciullezza, la gioventù,
l’età adulta, la vecchiaia e la morte ripetutamente e ripetutamente ci
impegneremo nelle stesse azioni ed esperienze prive di senso. La brama
distrugge la saggezza; persa nel soddisfare appetiti sensuali, la vita scivola
via velocemente e la mente cade nell’oscuro pozzo dei piaceri sensoriali. È una
meraviglia come e perché questo corpo che è un eccellente veicolo per trasportarci
nell’altra sponda della Conoscenza del Sé, cada nel fango delle mondanità! Nel
battito di una ciglia questa piccola increspatura conosciuta come mente assume
terribili proporzioni. L’uomo scioccamente attribuisce al Sé il dolore e le
sofferenze che non lo toccano minimamente e diventa miserabile.”
Vasistha continuò: "Così conversando l’un con l’altro e indagando
nella natura del mondo, presto conseguirono la suprema saggezza. Perciò, o
Rama, ti dico che non c’è altro modo al di fuori della Conoscenza del Sé per
tagliare la schiavitù e per attraversare questo oceano di illusione. Per la
persona illuminata questo oceano di dolore è come una piccola pozzanghera.
Considera il corpo come uno spettatore una folla lontana. Perciò non è
influenzato dai dolori a cui è soggetto il corpo. L’esistenza dello stesso non
diminuisce l’onnipresenza del Sé, non più di quanto le onde diminuiscono la
pienezza dell’oceano.
Qual è la
relazione di un cigno, di una roccia o di un pezzo di legno con l’acqua che li
circonda? Allo stesso modo, il Sé Supremo non ha relazione con questa
apparizione del mondo. Un albero che cade sembra sollevare onde sull’acqua:
simile è l’esperienza, da parte del Sé, del piacere e del dolore che appaiono
sul corpo. Proprio come con la sua prossimità all’acqua, il legno vi si
riflette, il corpo si riflette nel Sé. Ma proprio come una roccia che cade
nell’acqua non la ferisce, né è ferita da essa, allo stesso modo quando il
corpo giunge in contatto con altre sostanze materiali non c’è ferita né dolore
per nessuno.
Il
riflesso di un oggetto in uno specchio è indescrivibile, non può essere detto
né reale né irreale: allo stesso modo il corpo che si riflette nel Sé non è né
reale né irreale, ma indescrivibile. La persona ignorante accetta come reale
qualunque cosa veda in questo mondo; non il saggio. Proprio come un pezzo di
legno e l’acqua in cui si riflette non hanno reale relazione tra loro, il corpo
e il Sé non hanno reale relazione. Inoltre, in effetti non c’è dualità dove
tale relazione esistesse. Esiste soltanto la Coscienza Infinita, senza la
divisione di soggetto-oggetto. In questa, la diversità viene immaginata e
Quello che è intoccato dal dolore, si ritiene miserabile, proprio come colui
che pensa di vedere un fantasma in effetti lo vede! A causa del potere del
pensiero, questa immaginaria relazione assume la forza della realtà Il Sé è
sempre intoccato dal dolore e dal piacere; ma ritenendosi essere il corpo,
attraversa le esperienze del corpo stesso. Abbandonare questa ignorante
illusione è Liberazione.
Coloro che
non vengono così sopraffatti dalla falsa indentificazione e dall’attaccamento
sono immediatamente liberati dal dolore. È questo condizionamento ad essere il
seme della vecchiaia, della morte o dell’illusione; quando cessa, si va aldilà dell’oceano
dell’illusione. La mente condizionata crea schiavitù persino negli asceti; la
mente incondizionata è pura anche in un capofamiglia. La mente condizionata è
schiavitù; la liberazione è libertà dal condizionamento o identificazione.
Questo contatto interiore è la sola causa della schiavitù e della liberazione.
Le azioni eseguite dall'incondizionato sono non azioni; la mente condizionata
agisce anche mentre esternamente se ne astiene. L’azione o la non azione è
nella mente; il corpo non fa nulla. Perciò, uno dovrebbe risolutamente
abbandonare questa falsa divisione interiore.”
Rama chiese: “Che cos’è il condizionamento, o signore e in che modo
causa la schiavitù; e che cos’è la liberazione e come viene conseguita?”
Vasistha continuò: “La convinzione della realtà del corpo in colui che ha
abbandonato la distinzione tra il corpo e il Sé, è conosciuta come
condizionamento. Colui che crede che il Sé Infinito sia limitato e perciò cerca
il piacere, in questo modo viene vincolato. Colui che indaga: “Tutto questo è
in effetti il Sé, che cosa desidero e a che cosa dovrei rinunciare?” è
stabilito nello stato incondizionato della liberazione. Colui che conosce: “Io
non sono, né c’è un altro” è un liberato. Non è favorevole all’inazione, né si
perde nei risultati dell’azione; non è dedito all'esaltazione né alla
depressione. Rinuncia ai frutti delle azioni con la sua mente (non con il
corpo). È con il rigetto del condizionamento o attaccamento che ci si libera
dalla schiavitù e viene conseguito il più alto bene. Il condizionamento o
attaccamento è la causa di ogni dolore. Questo può essere illustrato dai
seguenti esempi: 1) l’asino è guidato dalla corda del padrone e spaventato
trasporta un pesante carico; 2) l’albero radicato a terra sopporta il calore,
il freddo, il vento e la pioggia; 3) il verme giace in un foro nella terra,
attendendo la sua fine; 4) l’uccello affamato riposa su un ramo di un albero,
timoroso dei predatori; 5) il docile daino pacificamente se ne va a brucare e
cade preda del cacciatore; 6) numerose persone rinascono ripetutamente come
vermi ed insetti; 7) innumerevoli creature sorgono e cadono in questa creazione
come onde sulla superficie dell’oceano; 8) i deboli esseri umani che, incapaci
persino di muoversi, muoiono ripetutamente; 9) quei cespugli e quei rampicanti
che ricavano il loro nutrimento dalla terra e crescono su di essa; 10) questa
stessa illusione del mondo che è come un fiume che trasporta nel suo flusso
innumerevoli dolori e sofferenze. Tutte queste sono le espansioni del condizionamento.
Il
condizionamento o autolimitazione è di due generi: l’adorabile e lo sterile. Lo
sterile si vede ovunque negli sciocchi: la condizione auspicabile si vede tra
coloro che conoscono la Verità. Quel condizionamento che esiste nelle menti di
coloro che sono ignoranti della Conoscenza del Sé, che sorge da cose come il
corpo e che conduce a ripetute nascite e morti, questo è sterile. L’altra forma
di condizionamento che si trova negli esseri adorabili che hanno la Conoscenza
del Sé, sorge dalla realizzazione della vera saggezza; questo mette in grado di
evitare la nascita e la morte.
Vasistha continuò: ‘11 Dio che ha nelle sue mani la conchiglia, il disco,
ecc., protegge i tre mondi a causa dell’“attaccamento o condizionamento
adorabile”. È grazie allo stesso genere di condizionamento che il sole
risplende e il corpo cosmico del creatore continua a dirigere questa vasta
creazione. E anche il Signore Shiva risplende come una divinità a causa di
questo. Gli dei che sostengono questo mondo e funzionano in vari modi sono
investiti delle loro facoltà a causa di questo condizionamento o
autolimitazione adorabile.
D’altra
parte, sotto l’influenza del condizionamento sterile, la mente cade preda del
desiderio di piacere nell’illusa convinzione che tale esperienza sia deliziosa.
Persino il
funzionamento degli elementi cosmici è dovuto al condizionamento. Ed è a causa
di ciò, che gli dei nel cielo, gli umani sulla terra e i demoni negli inferi
sorgono e cadono come onde sull'oceano. Proprio come nell’oceano il pesce più
grande mangia i più piccoli, tutti questi innumerevoli esseri si nutrono uno
dell’altro e sono impotentemente spinti di qua e di là nello spazio a causa del
loro condizionamento. E le stelle nello spazio si muovono nelle loro orbite a
causa di questo. Ora sorgendo, ora tramontando, ora brillante, ora oscura, la
luna continua a girare attorno alla terra. 0 Rama, scorgi questa misteriosa
creazione portata in esistenza da non si sa chi, in risposta ai concetti mentali
degli esseri. Questo universo è stato fantasticato nel vuoto spazio
semplicemente dal condizionamento mentale: non è una realtà. E in questo
universo, la brama di piacere divora l'essenza vitale di tutti gli esseri che
sono attaccati al mondo, al corpo, ecc. Nessuno può contare il loro numero, non
più di quanto possono essere contate le particelle di sabbia. Il creatore di
questo universo lo ha portato in esistenza, per così dire, soltanto in risposta
al condizionamento mentale di questi innumerevoli esseri. Questi esseri sono
invero eccellente combustibile per il fuoco dell’inferno. Qualunque sofferenza
si trovi in questo mondo, sappi che è soltanto per questi esseri. Proprio come
i fiumi fluiscono rapidamente verso l’oceano, la sofferenza fluisce verso coloro
che sono mentalmente condizionati. Questa intera creazione è così pervasa
dall’ignoranza. Comunque, se si taglia questa brama del piacere, la limitazione
del condizionamento mentale cede il passo a una grande espansione. Il
condizionamento mentale o attaccamento a ciò che è perituro è dolore bruciante
degli arti, o Rama: ma l’Espansione Infinita o dedizione al Sé è la sua magica
cura. Quella mente che non è attaccata a nulla, che è stabilita nella pace
dell’Espansione Infinita, conduce alla delizia. Colui che è radicato nella
Conoscenza del Sé, è liberato.
Vasistha continuò: “0 Rama, facendo ciò che è appropriato in ogni tempo,
la mente non dovrebbe essere attaccata all’azione, ai pensieri o agli oggetti.
Né dovrebbe essere attaccata ai cieli al di sopra, né a ciò che è al di sotto o
in altre direzioni. Non dovrebbe essere vincolata a relazioni esterne, al
naturale movimento dei sensi interiori, né alla forza vitale.
La mente
non dovrebbe riposare nella testa, all’interno del palato, tra le sopracciglia,
sulla punta del naso o nella bocca o negli occhi. Non dovrebbe riposare né
nell’oscurità né nella luce, né persino nella cavità del cuore. Gli stati della
veglia, del sonno e del sogno non dovrebbero trattenerla e persino il vasto e
puro spazio non dovrebbe essere la sua dimora. Non attaccata allo spettro dei
colori, al movimento e alla stabilità, all’inizio, al mezzo e alla fine, la
mente non dovrebbe riposare né lontano né vicino, né di fronte né negli oggetti
né nel sé. Le esperienze sensoriali, l’illuso stato della felicità, i concetti
e i precetti non dovrebbero avere signoria sulla mente. La mente dovrebbe
riposare nella Pura Coscienza come Pura Coscienza, con appena un piccolo
movimento esteriorizzato del pensiero, come se consapevole della suprema vanità
degli oggetti di questo mondo. Quando così tutti gli attaccamenti sono stati
distrutti, il jiva diventa non-jiva: qualunque cosa accade in seguito, accade -
che sia attività o inattività. In tale stato di non-attaccamento, il jiva non è
vincolato ai frutti dell’azione.
0,
abbandonando persino quello stato di piccola comprensione degli oggetti, che il
jiva riposi in Pace Suprema.
Una tale
persona liberata, che egli sembri impegnato nell’attività o meno, è per sempre
libero dal dolore e dalla paura. Tutte le persone lo amano e lo adorano. Anche
se agli occhi altrui egli appare essere agitato, all’interno è fermamente
radicato nella saggezza. La sua coscienza non è mai colorata dalla felicità e
dall’infelicità. Non è distratta dallo scintillio del mondo. Avendo conseguito
la Conoscenza, egli vive in costante contemplazione, per così dire; e perciò
non è attaccato a nulla nell'universo. Essendosi elevato al di sopra delle
coppie di opposti, sembra essere immerso nel sonno profondo persino nello stato
di veglia.
Quello
stato in cui la mente è liberata da suo caratteristico movimento del pensiero e
nel quale c’è soltanto l’esperienza di pace, è conosciuto come ‘sonno profondo
nella veglia’.
Colui che
vive in esso, vive una vita non-volitiva, libero da ogni sorta di distrazione o
disperazione mentale, non preoccupato di una vita breve o lunga. Quando questo
stesso stato di ‘sonno profondo nella veglia’, matura, è conosciuto come Turiya
o quarto stato. Fermamente stabilito in quello, il saggio percepisce l’universo
come se fosse un terreno di giochi cosmico e la vita come se fosse una danza
cosmica. Supremamente liberato, completamente libero dal dolore e dalla paura e
dall’illusione dell’apparizione del mondo, colui che è stabilito nel Turiya non
cade più nell’errore. È per sempre immerso nella beatitudine. Va aldilà persino
di questo grande e inesprimibile stato di suprema beatitudine. Questo è
considerato il turiyatita, ciò che è aldilà persino del Turiya -
incomprensibile e indescrivibile.”
Vasistha continuò: “Può essere possibile mettere in parole lo stato di
colui che è liberato pur vivendo, che è nello stato conosciuto come Turiya o
sonno profondo nella veglia, lo stato di totale libertà. Lo stato aldilà di
questo, lo stato di coloro che hanno trasceso la coscienza corporea, non trova
descrizioni. 0 Rama, sforzati di raggiungerlo. Ma innanzitutto sii stabilito
nello stato del “sonno profondo nella veglia”. Rimani distaccato riguardo
l’esistenza o meno del corpo, sapendo che il corpo è soltanto un prodotto dell’illusione.
Sei un uomo di saggezza, o Rama e hai raggiunto il risveglio interiore. La
mente dell’uomo di conoscenza non percorre il sentiero inferiore. Esiste
soltanto la Pura Coscienza: perciò, che le nozioni di “io sono il tal dei
tali”, “questo è mio”, non sorgano in te. Persino la parola “Sé” è usata
soltanto al fine di comunicare; la verità è aldilà di tutte queste descrizioni.
Non c’è dualità, non ci sono corpi e perciò non ci sono relazioni tra loro; non
ci sono ombre nel sole! Sebbene io ti parli dando per scontato l’apparente
dualità, in verità non c’è tale divisione.
Proprio
come non c’è relazione tra la luce e l’oscurità, non ci può essere relazione
tra il corpo e l’incarnato. Quando la verità è conosciuta, l’erronea percezione
svanisce. Il Sé è Coscienza, Puro, Eterno, autoluminoso e libero da ogni
cambiamento; il corpo è impermanente e impuro. Come ci può essere una relazione
tra questi due? Il corpo trova vita per mezzo della forza vitale; questo corpo
non può avere relazione di nessun genere con il Sé. Così, anche se i due sono
considerati come due distinte realtà, tra loro non ci può essere relazione: ma,
se questa dualità è irreale, allora tale pensi' stesso diventa irrilevante. Che
questa verità sia fermamente stabilita in te; non c’è schiavitù né liberazione,
nessun tempo per nessuno in nessun dove.
È chiaro
che tutto questo è soltanto l’Unico Infinito Sé o Coscienza. Se presti orecchio
a concetti come “sono felice o infelice” o “sono ignorante”, allora ti
porteranno infinito dolore.
Il corpo è
venuto in esistenza a causa del respiro vitale, esiste a causa di ciò, la sua
parola è causata da questo e tutti i sensi funzionano a causa di esso:
l'intelligenza che lo pervade non è altro che l’Indivisibile Coscienza. Quella
Coscienza Infinita è ciò che si diffonde ovunque come lo spazio ecc. e tutto
ciò che appare è il riflesso nella Coscienza e questo riflesso è venuto ad
essere conosciuto come mente. Quando la mente abbandona la gabbia del suo corpo
e vola via, sperimenta il Sé che è Coscienza. Quando c’è fragranza c’è il
fiore; quando c’è la mente c’è Coscienza. Ma, la mente sola è la causa
dell’apparizione del mondo: poiché la Coscienza è Onnipresente e Infinita,
sebbene sia la Causa Ultima, non è la causa dell’Apparizione del mondo. Perciò,
in verità, la causa di questa apparizione del mondo è la non-investigazione
nella natura della realtà - ignoranza. Proprio come una lampada istantaneamente
rimuove l’oscurità, la luce della Conoscenza del Sé disperde l’oscurità
dell’ignoranza istantaneamente.
Quindi uno
dovrebbe indagare in ciò che è conosciuto come jiva o mente.
Rama chiese: “0 Signore, in che modo questi concetti e categorie,
sono giunti ad essere fermamente accettati? Ti prego, illuminami.”
Vasistha continuò: ‘ Tutto questo, invero, è il Sé. Comunque, proprio come
le onde sorgono nell’oceano, la diversità conosciuta come universo sorge nella
mente.
Qui e là,
il Sé appare essere cinetico. Altrove, il Sé rimane in una condizione statica.
Queste sono le sostanze inerti come le rocce e il cinetico sono gli umani, ecc.
In tutti questi, il Sé Onnipotente intrattiene la nozione dell’ignoranza e
perciò rimane come se fosse ignorante. L’Infinito così rivestito nell’ignoranza
è conosciuto come jiva. Poiché vive è conosciuto come jiva. A causa della sua nozione
egotistica, è conosciuto come ego. Poiché discrimina e determina è conosciuto
come buddhi o facoltà discriminante, o intelletto. A causa della sua abilità di
formare concetti e precetti, è conosciuto come mente. Essendo naturale è
chiamato Natura. Nel suo cambiamento è chiamato corpo. È conosciuto come
Coscienza perché questa è la sua natura.
Il Sé
Supremo che è la sola verità è esattamente nel mezzo tra l’inerte e
l’intelligente: Questo è la diversità e Questo è conosciuto con tutti i diversi
nomi. Tutte queste categorie sono state inventate dagli uomini dall’intelletto
perverso per il piacere della polemica e per la confusione degli uomini
ignoranti. Così, o Rama, è soltanto questo jiva che è la causa dell’apparizione
del mondo: che cosa può fare questo corpo sordo e muto? Se il corpo perisce il
Sé non perisce, proprio come se cade una foglia non perisce l’albero. Soltanto
la persona illusa pensa diversamente.
D’altra
parte, se la mente perisce, ogni cosa perisce e c’è la liberazione finale.
L’uomo che si lamenta: “Sto morendo, perisco”, si aggrappa scioccamente ad un
falso concetto. Continua a sperimentare l’illusione del mondo in qualche altro
luogo o tempo. Il jiva che dimora nel condizionamento mentale, abbandona un
corpo e va a cercarne un altro, proprio come una scimmia abbandona un albero in
una foresta e rimbalza su un altro. Perciò, in un attimo, abbandona anche
quello e ne cerca un altro ancora, in un’altra parte dello spazio, in un altro
periodo di tempo. Proprio come una balia porta il neonato da un luogo ad un
altro al fine di distrarlo, questo condizionamento mentale o tendenza radicata
porta il jiva di qua e di là. Così vincolato alla corda del condizionamento
mentale, il jiva attraversa numerose nascite in varie specie, sopportando interminabile
sofferenza.”
Con
questo, un altro giorno giunse a fine e l’assemblea si disperse per la
meditazione serale.
Il giorno dopo Vasistha continuò: “0 Rama, tu non sei nato con
la nascita del corpo, né morirai quando esso morirà. Pensare che lo spazio all’interno
della giara sia venuto in esistenza quando è stata creata e che esso perisca
con la distruzione della giara, è pura stupidità. Inoltre, la Coscienza che
dimora all’interno è libera dalle nozioni di desiderabile e di indesiderabile
in relazione al corpo, alla mente e ai sensi. La Coscienza che dimora
all’interno sembra giungere in contatto con questi proprio come dei viaggiatori
si incontrano in una locanda: l’incontrarsi o il separarsi non causa felicità o
infelicità alla Coscienza.
Perché
allora le persone esultano o si angosciano in queste circostanze?
Il Sé, a
causa di questa ignorante autolimitazione come mente, sembra essere macchiato
dagli oggetti del mondo; ma, lo stesso Sé quando ha risvegliato la sua vera
natura abbandona la sua ignorante illusione e riguadagna la conoscenza Allora,
la mente vede il corpo come da grande altezza. Riconoscendo il corpo come un
aggregato di elementi, trascende la coscienza corporea e diventa illuminato. Un
tale illuminato non è toccato dalla mondanità o dall’ignoranza anche se agisce
in questo mondo. Non è attratto né è respinto da nulla nel mondo. Sa che “ciò
che è conosciuto come io e ciò che è conosciuto come il mondo è soltanto
l’espansione della congiunzione tra il puro sperimentare e l’esperienza stessa.”
Che
l’oggetto di esperienza sia reale o irreale, dipende interamente dallo
sperimentare: in che modo allora sorgono la gioia e il dolore? Il falso è falso
e la verità è verità; un misto di questi due è naturalmente falso! Non essere
illuso. Abbandona la falsa percezione e scorgi la verità; non cadrai più
nell’ignoranza.
Tutto ciò
che è, è soltanto l’espansione della relazione tra il puro sperimentare e la
sua esperienza. Quell’esperienza è in realtà la delizia della beatitudine del
Sé. È il puro sperimentare stesso. Perciò è conosciuto come Brahman,
l’Assoluto. Quella delizia che sorge nel contatto di questo puro sperimentare
con l’esperienza, è il più alto: per l’ignorante è mondanità, per il saggio è
liberazione. Questo puro sperimentare è in se stesso il Sé Infinito: quando è
incline verso gli oggetti è schiavitù, ma quando è libero è liberazione. Quando
tale sperimentare è libero dal decadimento o dalla curiosità, è liberazione.
Quando è libero persino da questo contatto, cioè la relazione soggetto-oggetto,
allora l’apparizione del mondo cessa completamente.
Sorge
quindi la coscienza Turiya o “sonno profondo nella veglia”.
Il Sé non
è né questo né quello; trascende qualunque sia l’oggetto dello sperimentare.
Nella visione illimitata e incondizionata del conoscitore della Verità, tutto
questo è soltanto l’unico Sé, la Coscienza Infinita e non c’è nulla che possa
essere considerato come non Sé.
La
sostanzialità di tutte le sostanze, non è altro che il Sé o la Coscienza
Infinita.
Vasistha continuò: “0 Rama, c’è un’altra attitudine per mezzo della quale
otterrai la conoscenza divina e rimarrai fermamente stabilito nel Sé. E cioè:
“io sono lo spazio. Io sono il sole. Io sono le direzioni, al di sopra e al di
sotto. Io sono gli dei. Io sono i demoni. Io sono tutti gli esseri. Io sono
l’oscurità. Io sono la terra, gli oceani ecc. Sono la polvere, il vento, il
fuoco e tutto questo mondo. Io sono onnipresente. Come ci può essere qualcosa
al di fuori di me?”
Adottando
questa attitudine ti ergerai al di sopra della gioia e del dolore.
Entrambe
queste attitudini sono conducive alla liberazione: una consiste nel ritenere
“Io sono il Sé estremamente sottile e trascendente” e l’altra è “Io sono tutto
ed ogni cosa”.
C’è
un’altra attitudine in riferimento all’ “io”, e questa è “Io sono questo
corpo”: questa attitudine è la sorgente di illimitato dolore. Abbandona tutte
queste tre attitudini, o Rama, e rimani come Pura Coscienza. Poiché, sebbene il
Sé sia trascendente e sebbene sia onnipresente, il Sé soltanto è la Luce in
tutte le cose del mondo, sebbene in effetti esse siano false.
Questa
conoscenza del Sé non è ottenuta da spiegazioni e descrizioni, né dalle
istruzioni altrui. In ogni tempo, ogni cosa è conosciuta soltanto per diretta
esperienza. Qualunque cosa sia sperimentata e conosciuta in questo mondo, tutto
questo è il Sé, la Coscienza priva della dualità dello sperimentare e
dell’esperienza. È il Sé soltanto che esiste ovunque e in ogni tempo, ma a
causa della sua estrema sottigliezza, non è sperimentato. In tutti gli esseri è
il jiva. Tutte le attività avvengono alla luce del sole, ma se le attività
cessano, il sole non soffre perdite: allo stesso modo, è a causa del Sé che il
corpo, ecc., funzionano, ma se il corpo e tutto il resto perisce, il Sé non
soffre alcuna perdita. Il Sé non è nato né muore; non acquisisce né desidera;
non è vincolato né è liberato. Il Sé è il Sé di tutto in ogni tempo.
È
incondizionato dal tempo, dallo spazio e dal resto; in che modo può quindi
divenire vincolato? Quando non c’è schiavitù che cos’è la liberazione? Tale è
la gloria del Sé. Ma a causa dell’ignoranza della sua natura, le persone
piangono e si lamentano. Abbandona questi due falsi concetti, quello della
schiavitù e quello della liberazione e vivi una vita illuminata. Non c’è
liberazione nel cielo o sulla terra o nel mondo degli inferi; la liberazione è
soltanto sinonimo di mente pura, corretta conoscenza e uno stato realmente
risvegliato. La completa assenza di tutti i desideri e speranze è liberazione.
Fino a che uno non raggiunge questo vero risveglio interiore, si considera
vincolato e si sforza per la liberazione.
Abbandona
queste erronee nozioni di schiavitù e liberazione e diventa un uomo di suprema
rinuncia, o Rama. Vivi quindi una lunghissima vita e governa l’intero mondo.
Vasistha continuò: “Il Sé, vedendo un corpo, giocosamente intrattiene la
nozione di essere diventato il corpo stesso. Tutto ciò che costituisce
l’illusione del mondo, è venuto in esistenza come un miraggio nel deserto.
Questa illusione si diffonde come onde nell’oceano, assumendo vari nomi come
mente, facoltà di discriminazione, senso dell’ego, tendenze latenti e sensi. La
mente e il senso dell’ego non sono in effetti due cose distinte ma la stessa
cosa: la distinzione è verbale. La mente è il senso dell’ego e ciò che è
conosciuto come senso dell’ego è la mente.
Solo le
persone ignoranti pensano che uno sia nato dall’altro, proprio come uno
potrebbe dire che il bianco sia nato dalla neve.
Così se
uno cessa, cessa anche l’altro. Quindi, invece di intrattenere le nozioni della
schiavitù e della liberazione, abbandona ogni brama e attraverso la saggezza e
il distacco, provoca la cessazione della mente. Se in te sorge persino il
desiderio: “possa io essere liberato”, la mente ritrova vita; poi, intrattenendo
altre nozioni crea un corpo. Allora sorgono altri concetti come “io faccio
questo”, “io gioisco questo” e “io conosco questo”. Tutti questi concetti sono
irreali come un miraggio nel deserto. Comunque, poiché la loro irrealtà non è
realizzata, l’illusione attrae la mente proprio come il miraggio illude e
attrae l’animale. Ma, se viene realizzato come un’illusione, non attrae la
mente, proprio come un miraggio non illude colui che lo riconosce come tale.
Proprio
come una lampada disperde l’oscurità, la conoscenza della Verità sradica
completamente i concetti e il condizionamento.
Quando uno
sinceramente indaga: “Questo corpo è soltanto sostanza inerte, perché si
dovrebbe cercare il piacere per amore suo?”, tutte le brame cadono. Quando così
cadono le brame, si sperimenta grande beatitudine e suprema pace. Il saggio di
conoscenza consegue il coraggio e la stabilità e risplende nella sua stessa
gloria. Gioisce suprema soddisfazione in sé. È illuminato e questa luce
interiore risplende in lui brillantemente. Scorge il Sé come il Sé di tutto,
Onnipresente, senza forma e tuttavia pervadente ogni forma.
Ricordando
il passato quando era sviato dalla lussuria, deride la sua stessa ignoranza
passata. È lontano dalla compagnia malvagia, libero dalla disperazione mentale
ma fermamente stabilito nella conoscenza del Sé. È glorificato da tutti, è
cercato da tutti, è applaudito da tutti, ma rimane indifferente. Non dà né
prende, non insulta né loda nessuno, non si rallegra né si angoscia. È un
saggio liberato pur vivendo, colui che ha abbandonato ogni azione motivata, che
è libero dal condizionamento e che ha abbandonato ogni desiderio e speranza. 0
Rama, abbandona ogni desiderio e rimani in pace all’interno di te stesso.
Nessuna delizia al mondo è comparabile alla delizia che riempirà il tuo cuore
quando avrai completamente abbandonato desideri e speranze. Uno non sperimenta
tale delizia né nella posizione di un re, né nel cielo, né nella compagnia
dell’amato.
Vasistha continuò: Colui che è privo di desideri considera l’intero mondo
come se fosse l’impronta di un vitello, la più alta montagna come se fosse un
piccolo ciottolo, lo spazio come una piccola scatola e i tre mondi come uno
stelo d’erba. Ride alle attività delle persone mondane. Come possiamo comparare
tale persona e con chi? Come può qualcuno disturbare la sua equanimità quando è
totalmente libero da pensieri come: ‘avrei desiderato che questo mi fosse
accaduto’?
0 Rama, è
il desiderio o la speranza che fa sì che uno continui a girare vincolato alla
ruota dell'illusione mondana.
Quando
percepisci la verità che il Sé soltanto è tutto questo e che la diversità è
soltanto una parola senza sostanza, diverrai totalmente libero da ogni
desiderio o aspirazione. Tale eroe, investito di supremo distacco, scaccia il
fantasma dell’illusione con la sua stessa presenza. Non è compiaciuto dal
piacere né è disturbato da problemi. Le attrazioni non lo distraggono più di
quanto il vento possa sradicare una montagna. Le forze gemelle dell’attrazione
e della repulsione non lo toccano nemmeno. Guarda tutto con visione equanime.
Libero dal minimo attaccamento, gioisce qualunque cosa gli venga non cercata,
proprio come gli occhi percepiscono i loro oggetti senza desideri o odio. Tali
esperienze non producono perciò in lui gioia né dolore. Anche se sembra essere
impegnato nell'esecuzione di appropriate azioni in questo mondo, la sua
coscienza non è minimamente distratta. Qualunque cosa gli possa capitare in
accordo alle leggi del tempo, spazio e causalità, sia piacevole che spiacevole,
egli rimane internamente indisturbato.
Proprio
come una corda che è stata scambiata per un serpente non spaventa colui che
l’ha riconosciuta come tale, l’illusione, una volta dispersa, non ritorna e la
Conoscenza del Sé una volta conseguita non viene mai più perduta. Come si può
ridare all’albero il frutto che ha abbandonato?
Il
conoscitore della Verità considera persino la donna più bella come un’immagine
dipinta, questa è la verità, poiché entrambi sono fatti della stessa sostanza.
Quando così viene vista la Verità, il desiderio di possedere non sorge nel
cuore. Proprio come una donna che ha un amante adempie alle sue faccende
domestiche con il cuore assorbito nella contemplazione di quest’ultimo, il
saggio illuminato funziona in questo mondo mentre la sua coscienza è fermamente
stabilita nella Verità. In entrambi questi casi è impossibile per chiunque
impedire tale comportamento e cioè far sì che la donna dimentichi l’amante o
che il saggio dimentichi la Verità.
Il saggio
illuminato sa che il Sé non è tagliato quando il corpo è tagliato, non piange
quando gli occhi spargono lacrime, non è bruciato quando il corpo è bruciato e
non è perduto quando ogni cosa è perduta. Qualunque cosa gli possa capitare,
che egli sia miserabile o prospero, che egli viva in un palazzo o nella
foresta, è internamente indisturbato.
Vasistha continuò: “Moltissimi di tali esseri liberati esistono
nell’universo, o Rama. Ti darò alcuni esempi. Janaka l’imperatore, il tuo
stesso antenato, l’imperatore Dilipa, il primo sovrano del mondo Manu,
l’imperatore Mandhata che si impegnò nelle guerre, i re demoni Bali, Namuci,
Vritra, Prahlada e Sambara, i precettori degli dei e dei demoni così pure come
la trinità, i saggi come Visvamitra e Narada così pure come le divinità che
presiedono sugli elementi naturali come il fuoco e l’aria.
Ci sono
migliaia di altri, o Rama, che esistono nell’universo e che sono liberati.
Alcuni di loro sono saggi, altri re, altri risplendono come stelle e pianeti,
altri sono divinità e altri sono demoni. 0 Rama, ci sono esseri liberati
persino tra i vermi e gli insetti e ci sono sciocchi anche tra gli dei. Il Sé è
in tutto; esiste come il Tutto ovunque in ogni tempo e in ogni modo. Il Sé
soltanto è il Signore e tutte le divinità. C’è vuoto nelle sostanze e
sostanzialità nel vuoto o spazio. Le persone sono rette poiché temono le
conseguenze del peccato. Persino ciò che non è, conduce a ciò che è! La
contemplazione dello spazio vuoto conduce al conseguimento della Suprema
Verità! Ciò che non è, giunge in esistenza guidato dal tempo e dallo spazio.
D’altra parte, ciò che appare essere forte e potente raggiunge la sua stessa
distruzione.
Percependo
così la verità, o Rama, abbandona la gioia e il dolore, l’angoscia e
l’attaccamento. L'irreale sembra essere reale e il reale sembra essere irreale:
perciò abbandona la speranza e la mancanza di speranza e consegui l’equanimità.
In questo
mondo, o Rama, la liberazione è a portata di mano in ogni tempo, ovunque. Con
il loro stesso sforzo milioni di esseri hanno conseguito la liberazione. La
liberazione non è né facile né difficile a secondo della propria saggezza o
mancanza di saggezza; perciò, o Rama, accendi in te stesso la luce della
saggezza. Per mezzo della visione del Sè il dolore è decapitato.
Ci sono
stati innumerevoli saggi in questo mondo che hanno conseguito la conoscenza del
Sé e la liberazione pur vivendo: come l’imperatore Janaka. Perciò, sii liberato
qui ed ora. Il conseguimento della pace interiore per mezzo del supremo non
attaccamento a nulla, è conosciuto come liberazione; questo è possibile sia che
il corpo esista o meno. Colui che è liberato da ogni attaccamento, è liberato.
Uno dovrebbe saggiamente e intelligentemente sforzarsi di conseguire questa
liberazione; colui che non si sforza non può saltare nemmeno aldilà dell’impronta
di un vitello. Perciò, o Rama, ricorri all’eroismo spirituale, al giusto sforzo
e con la corretta autoindagine sforzati di raggiungere la perfezione della
conoscenza del Sé. Per colui che così si sforza, l’intero universo è come una
piccola pozzanghera.”
Vasistha continuò: “Tutti questi mondi o Rama, appaiono in Brahman
l’Assoluto, ma sono percepiti come una realtà indipendente e sostanziale a
causa dell’ignoranza. Una tale erronea nozione cessa con il sorgere della
saggezza. L’erronea percezione fa apparire tutto questo come ‘il mondo'. la
giusta percezione provoca la cessazione di questo errore.
Rama,
questo errore non è disperso eccetto che dal giusto sforzo, con la corretta
attitudine e conoscenza.
Il saggio
che ha realizzato la Verità e che è liberato dall’errore, scorge questo mondo
come se fosse nel sonno profondo, senza la minima brama.
Non ha
speranze per il futuro e non richiama il passato, né egli vive nemmeno nel
presente; e tuttavia fa tutto. Addormentato è sveglio; sveglio, egli dorme.
Compie tutto, tuttavia non fa nulla.
Avendo
internamente rinunciato ad ogni cosa, sebbene esternamente appaia essere
occupato, egli è sempre in uno stato di equilibrio. Le sue azioni sono
interamente non volitive.
Il saggio
è distaccato verso qualunque cosa o chiunque. Perciò, il suo comportamento
sembra essere devoto al devoto e rude al rude. È un bambino tra i bambini, un
vecchio tra i vecchi, un eroe tra gli eroi, un giovane tra i giovani e
addolorato con l’addolorato.
Le sue
parole dolci e gentili sono piene di saggezza. Non ha nulla da guadagnare da
nobili azioni, tuttavia egli è nobile; non ha brama per i piaceri e perciò non
è tentato da essi. Non è attratto dalla schiavitù né dalla liberazione.
Non è
eccitato quando i suoi sforzi portano frutto; né è preoccupato se non li
portano. Sembra prendere e abbandonare con la giocosità di un bambino.
Non è
sorpreso se la luna risplende con calore o se il sole emana freschezza.
Conoscendo
che il Sè che è l’Infinita Coscienza può provocare tutto questo, non è sorpreso
nemmeno da tali meravigliosi fenomeni.
Non è
timido e non si abbandona a scoppi d’ira. Conoscendo che gli esseri sono
costantemente nati e che costantemente muoiono, egli non si abbandona alla
gioia o all’angoscia. Sa che il mondo sorge nella sua propria visione, proprio
come gli oggetti di sogno sorgono quando uno sogna e sa perciò che tutti questi
oggetti hanno un’esistenza momentanea.
Vasistha continuò: “0 Rama, proprio come quando una torcia viene fatta
girare tutto attorno si forma un illusorio cerchio di fuoco, così c’è
un’illusoria apparizione del mondo dovuta alla vibrazione che sorge nella
Coscienza.
La
vibrazione e la Coscienza sono inseparabili come il bianco nella neve, l’olio
nel seme di sesamo, la fragranza nel fiore e il calore nel fuoco. La loro
descrizione nella forma di distinte categorie è un errore. La mente e il
movimento del pensiero sono inseparabili; la cessazione di uno è la cessazione
di entrambi.
0 Rama, ci
sono due modi in cui questa cessazione può essere raggiunta: una è la via dello
yoga che coinvolge il controllo del movimento del pensiero e l’altra è la via
della conoscenza che coinvolge la giusta conoscenza della Verità.
In questo
corpo, quell’energia che circola nei canali energetici (nadi) è conosciuta come
prana. Secondo le sue diverse funzioni nel corpo, è conosciuta anche con i nomi
di apana, udana, samana, ecc. Questo prana è indistinguibilmente unito alla
mente.
In
effetti, la Coscienza che tende verso il pensiero, a causa del movimento del
prana, è conosciuta come mente. Il movimento del pensiero nella mente sorge dal
movimento del prana e il movimento del prana sorge a causa del movimento del
pensiero nella Coscienza. Così essi formano un ciclo di mutua dipendenza, come
le onde e i movimenti delle correnti nell’acqua.
I saggi
dichiarano che la mente è causata dal movimento del prana e perciò con il
controllo del prana, la mente diventa quiescente.
Quando la
mente abbandona il movimento del pensiero, cessa l’apparizione dell’illusione del
mondo. Il movimento del prana è arrestato nel momento in cui tutte le speranze
e i desideri trovano fine nel proprio cuore, attraverso l’ardente pratica dei
precetti delle scritture e dei saggi e con la coltivazione del distacco nelle
precedenti vite o attraverso lo sforzo nel praticare la contemplazione e la
meditazione e raggiungendo uno stadio di devozione ad una singola verità, in un
modo completamente focalizzato.
Il
movimento del prana è arrestato anche dalla pratica senza sforzo
dell’inalazione, ritenzione, ecc., in isolamento, o con la ripetizione del
sacro OM, con l’esperienza del suo significato, quando la coscienza raggiunge
lo stato di sonno profondo.
La pratica
dell’esalazione, quando il prana si aggira nello spazio senza toccare gli arti
del corpo, dell’inalazione che conduce al pacifico movimento del prana e della
ritenzione che lo porta ad uno stato di immobilità a lungo, tutto conduce
all’arresto del movimento del prana. Allo stesso modo, il chiudere le narici
dall’interno con la punta della lingua, mentre il prana si sposta verso la
corona del capo, la pratica della meditazione dove non c’è movimento del
pensiero, il trattenere la coscienza stabilmente nel punto a venti centimetri
dalla punta del naso, l’entrare del prana nella fronte attraverso il palato e
l’apertura superiore, il fissare il prana nel centro delle sopracciglia,
l’improvvisa cessazione del movimento del pensiero o la cessazione di ogni
condizionamento mentale attraverso la meditazione nello spazio del centro del
cuore per un lungo periodo di tempo, tutti questi conducono all’arresto del
movimento del prana.
Rama chiese: “Signore, qual è il cuore di cui stai parlando?”
Vasistha continuò: “0 Rama, qui si parla di due aspetti del ‘cuore’: uno è
accettabile e l’altro deve essere ignorato. Il cuore che è parte di questo
corpo fisico ed è localizzato in una zona del corpo, può essere ignorato! Il
cuore che è accettabile ha la natura della Pura Coscienza. È sia all’interno
che all’esterno e non è né all’interno né all’esterno. Quello è il cuore
principale ed in esso si riflette ogni cosa che c’è in questo universo: è la
tesoreria di ogni ricchezza.
La
Coscienza soltanto è il Cuore di tutti gli essere non il pezzo di carne che le
persone chiamano cuore! Perciò, se la mente, liberata da ogni condizionamento è
raccolta nella Pura Coscienza, il movimento del prana è controllato.
Da uno
qualunque di questi metodi, proposti dai vari insegnanti, il movimento del
prana può essere controllato. Questi metodi yoga provocano i risultati desiderati
se sono praticati senza violenza o forza.
Quando uno
è fermamente stabilito in tali pratiche, con la simultanea crescita del
distacco e quando il condizionamento mentale giunge sotto perfetto controllo,
c’è la fruizione del controllo del movimento del prana. Durante la pratica uno
può usare il centro tra le sopracciglia, il palato, la punta del naso o la cima
del capo; così il prana sarà controllato.
Ancora, se
con la stabile e persistente pratica la punta della lingua può raggiungere
l’ugola, il movimento del prana sarà arrestato. Sicuramente, tutti questi
metodi sembrano essere distrazioni; ma con la loro stabile pratica, si
raggiunge l’assenza delle distrazioni.
È soltanto
per mezzo della stabile pratica che uno viene liberato dal dolore e sperimenta
la beatitudine del Sé. Perciò, pratica lo yoga.
Quando
attraverso la sadhana (pratica) il movimento del prana viene controllato,
allora rimane soltanto il Nirvana o la Liberazione.
Vedere che
il Sé supremo è senza inizio e senza fine e che questi innumerevoli oggetti
sono in effetti il Sé e null’altro, è la giusta visione.
L’erronea
visione conduce alla rinascita; la giusta visione pone fine alla rinascita.
In essa
non c’è relazione soggetto-oggetto; poiché il Sé (la Coscienza) è il
conoscitore, la conoscenza e il conoscibile e la divisione è ignoranza. Quando
questo è direttamente realizzato non c’è né schiavitù né liberazione.
Vasistha continuò: “Colui che si impegna nell’indagine non è tentato dalle
distrazioni. Gli occhi non fanno altro che vedere: le nozioni piacevoli,
spiacevoli, ecc., non sorgono negli occhi ma altrove - è così anche con gli
altri sensi. Perciò, le funzioni dei sensi non sono malvagie.
Se il
pensiero egoistico è collegato a queste funzioni dei sensi (che sorgono e
cessano in un attimo) c’è agitazione mentale.
Occhi! Gli
oggetti della vostra esperienza sorgono e cadono e non sono altro che
apparizioni. Non lasciate che il vostro sguardo si attardi su di essi, affinché
l’Eterna Coscienza dimorante all’interno non soffra la mortalità. Siate lo
spettatore che realmente siete.
0 mente!
Innumerevoli scene vengono viste dagli occhi secondo la loro naturale funzione;
perché resti coinvolta in esse? Anche se queste scene sono riflesse nella mente
e riconosciute da essa, perché rispondi a queste come il senso dell’ego? C’è,
senza dubbio, un’intima relazione tra gli occhi e gli oggetti; ma perché ti
offri come loro supporto e poi ti sforzi di percepirli?
In verità,
la scena, il vedere e la mente non sono collegati tra loro come il volto, lo
specchio ed il riflesso: tuttavia, in qualche modo, sorge l’illusoria nozione
che ‘Io vedo questo’.
L’ignoranza
è la cera in cui tutti questi sono sigillati l’uno all’altra; ma la conoscenza
del Sé è il fuoco nel cui calore questa cera si scioglie!
In effetti
è attraverso il ripetuto pensare che questa ignorante relazione viene
rafforzata; ma ora la distruggerò attraverso la giusta indagine.
0 mente,
perché vanamente ti agiti attraverso i cinque sensi? Soltanto colui che pensa
‘È la mia mente’ è illuso da te. Tu non esisti, o mente. Io non mi curo che tu
rimanga o che tu ti allontani da me. Sei irreale, inerte, illusoria. Soltanto
uno sciocco è molestato da te, non un saggio.
Questa
comprensione pone fine all’oscurità dell’ignoranza. Esci da questo corpo, o
fantasma, insieme con le tue brame e le emozioni come l’ira. 0 mente, oggi ti
ho ucciso perché ho realizzato che in verità non sei mai esistita.
Per
lunghissimo tempo, questo fantasma della mente ha generato innumerevoli cattive
nozioni come la lussuria, l’ira, ecc.
Ora che
quel fantasma è stato abbandonato, rido della mia passata follia. La mente è
morta; tutte le mie preoccupazioni e ansietà sono morte; anche il demone
conosciuto come il senso dell’ego è morto: tutto questo è stato provocato
attraverso il mantra dell’indagine.
Sono
libero e felice ora. Tutte le mie speranze e desideri se ne sono andati. Omaggi
al mio stesso Sé! Non c’è illusione, non c’è dolore, non c’è io, non c’è un
altro! Io non sono l’ego, né sono qualcos’altro; io sono il Tutto in tutto:
omaggi al mio stesso Sé! Sono l’Inizio. Sono la Coscienza. Sono tutti gli
universi. Non ci sono divisioni in Me. Omaggi al mio Sé soltanto!
Vasistha continuò: “0 Rama, avendo così riflettuto, il saggio dovrebbe
procedere ulteriormente nella seguente maniera:
Quando il
Sé soltanto è tutto questo e quando la mente è stata ripulita con questa
comprensione, che cos’è la mente? La mente sicuramente è non-esistente. Che sia
non-vista o che sia non-mente o che sia un’apparizione illusoria, questo è
certo: o non esiste o è una semplice illusione. Ora che sia la malvagità che
l’illusione sono cessate, non vedo che cos’è la mente. Tutti i miei dubbi sono
cessati. Qualunque cosa sono, sono – ma senza brama. Quando la mente cessa di
essere, cessa anche la brama.
Quando la
mente è morta e la brama è morta, l’illusione è svanita ed è nata la mancanza
di ego. Perciò sono risvegliato in questo stato di vigilanza. Quando c’è
soltanto una Verità e la diversità non ha affatto realtà, che cosa investigherò?
“Io sono
l’eterno Sé che è onnipresente e sottile. Ho raggiunto quello stato della
Realtà che non si riflette in nulla, che è senza inizio e senza fine e che è
supremamente puro. Qualunque cosa sia e qualunque cosa non sia, la mente e la
realtà interiore sono tutti l’Unica Infinita Coscienza che è pace suprema al di
là della comprensione e per mezzo della quale tutto questo è pervaso.
Che la
mente continui ad essere o che muoia. Qual è il senso di indagare in tutto
questo quando il Sé è stabilito in suprema equanimità?
Sono
rimasto in uno stato condizionato sino a che sono stato impegnato scioccamente
in questa indagine.
Ora che
attraverso questa indagine ho raggiunto l’Essere Incondizionato, chi è
l’indagatore?
‘ î ali
pensieri sono supremamente inutili ora che la mente è morta; essi possono far
rivivere questo fantasma conosciuto come mente. Perciò abbandono tutti questi
pensieri e nozioni; contemplando l'OM, rimarrò nel Sé, in totale silenzio
interiore.”
Così un
uomo saggio dovrebbe investigare nella natura della Verità in ogni tempo,
qualunque cosa stia facendo. A causa di tale investigazione, la mente rimane
stabilita in se stessa, liberata da ogni agitazione, ma eseguendo le sue
naturali funzioni.
La
suddetta linea di indagine fu adottata dal saggio Samvarta che me la descrisse
direttamente un tempo.
La storia di Vitahavya
Vasistha continuò: “C’è un altra modalità di indagine che fu adottata dal
saggio Vitahavya. Questo saggio era solito aggirarsi nelle foreste delle catene
montane conosciute come Vindhya.
Ad un
certo stadio, egli divenne totalmente disincantato rispetto agli affari del
mondo che creano illusione e attraverso la contemplazione libera da ogni
perversa nozione e pensiero, abbandonò il mondo come un’illusione ormai
estinta. Entrò nel suo eremitaggio, si sedette nella posizione del loto e
rimase fermo come un picco di montagna. Avendo ritirato i sensi e avendo
rivolto l’attenzione della mente su se stessa, egli cominciò a contemplare come
segue:
“Com’è
instabile la mia mente! Anche se è introversa, non rimane stabile, ma viene
agitata in un attimo come la superficie dell’oceano. Vincolata ai sensi, rimbalza
ripetutamente come una palla. Essendo stata nutrita dai sensi, la mente afferra
gli oggetti stessi che ha abbandonato e come un demente rincorre quelle stesse
cose da cui è stata ritirata: salta da un oggetto all’altro come una scimmia.
Considererò
ora il carattere dei cinque sensi attraverso cui la mente viene così distratta.
0 sensi,
non è ancora arrivato per voi il tempo di conseguire la conoscenza del Sé? Non
ricordate il dolore che ha seguito il perseguire il piacere? Allora abbandonate
questa vana eccitazione. In verità, siete inerti ed insenzienti: siete il viale
attraverso cui la mente fluisce all’esterno per raggiungere l’esperienza
oggettiva. Io sono il vostro signore, sono la Coscienza e io soltanto compio
tutto questo come Pura Intelligenza. Voi, o sensi, siete falsi. Non c’è alcuna
connessione tra voi e la Coscienza che è il Sé. Funzionate nella luce stessa
deùa Coscienza che è non volitiva, proprio come le persone eseguono varie
azioni alla luce del sole. Ma non intrattenete la falsa nozione, o sensi, che
‘io sono intelligente’, poiché non lo siete. Anche la nozione ‘sono vivo’, che
voi intrattenete falsamente, conduce soltanto al dolore.
Non c’è
null’altro che la Coscienza che è senza inizio e senza fine.
0 mente
malvagia, allora, che cosa sei tu?
Le nozioni
che sorgono in te, per esempio, ‘io sono l’agente’ e ‘io sono il fruitore’ che
sembrano grandi ringiovanenti, sono in effetti mortali veleni. Non essere così
illusa, o mente; tu non sei né l’agente di nulla, né in realtà sei lo
sperimentatore. Tu sei inerte e la tua intelligenza è ricavata da qualche altra
sorgente.
In che
modo si collegano a te i piaceri? Tu stessa non esisti; come fai ad avere
relazioni? Se realizzi che ‘io non sono altro che la Pura Coscienza’, allora tu
sei invero il Sé.
Come può
quindi sorgere in te il dolore quando sei l’illimitata e incondizionata
Coscienza?” Vitahavya continuò a contemplare: “0 mente, ti introdurrò
gentilmente la verità che tu non sei né l’agente né lo sperimentatore. Tu sei
in effetti inerte; come può una statua di pietra danzare? Se la tua
intelligenza è interamente dipendente dalla Coscienza Infinita, allora puoi
vivere a lungo in quella realizzazione. Comunque, ciò che è fatto con
l’intelligenza o l’energia di un altro, è considerato essere fatto da
quest’ultimo.
La falce
miete con l’energia del contadino; perciò si dice che il mietitore è il
contadino. Similmente, sebbene siala spada a tagliare, l’uomo che brandisce la
spada è l’uccisore.
Tu sei
inerte, o mente; la tua intelligenza è ricavata dalla Coscienza Infinita.
Quel Sè o
Coscienza Infinita conosce Se stesso per mezzo di Se stesso, sperimenta Se
stesso in Se stesso per mezzo di Se stesso. Il Signore si sforza di illuminarti
continuamente, poiché il saggio dovrebbe così istruire l’ignorante in centinaia
di modi.
È solo la
luce del Sé che esiste come Coscienza o Intelligenza; Questo è venuto ad essere
conosciuto come mente. Se realizzi questa verità, sarai istantaneamente
dissolta. 0 sciocca, quando sei in verità la Coscienza Infinita, perché ti
angosci? Quello è onnipresente, Quello è il tutto: quando Lo realizzi, diventi
il Tutto. Tu non sei, il corpo non è: esiste soltanto l’unica Infinita
Coscienza e in quell'omogeneo Essere sembrano esistere i diversi concetti di
‘io’ e ‘tu’.
Se tu sei
il Sé, allora esiste soltanto il Sé, non tu!
Se sei
inerte, ma diversa dal Sé, allora non esisti! Poiché il Sé o la Coscienza
Infinita soltanto è tutto; non c’è null’altro.
Non c’è
possibilità per l’esistenza di una terza cosa separata dalla Coscienza e dalla sostanza
inerte. Perciò, o mente, tu non sei né l’agente né lo sperimentatore.
Sei stata
usata come un canale di istruzione dai saggi nella loro comunicazione con
l’ignorante. Ma, in effetti, quel canale è irreale ed inerte; il Sé soltanto è
la Realtà.
Se il
contadino non usa la falce, può essa mietere? Anche la spada non ha il potere
di uccidere di per se stessa.
0 mente,
tu non sei né l’agente né lo sperimentatore: perciò non ti angosciare.
Il Signore
(la Coscienza) non è come te; perciò non ti angosciare per Lui!
Egli non
guadagna nulla né facendo né non facendo. Egli solo pervade tutto; non c’è
null’altro. Allora, che cosa farà e che cosa desidererà?
Tu non hai
relazione con il Sé eccetto che quella della fragranza rispetto ad un fiore.
La
relazione esiste soltanto tra due esseri indipendenti di natura simile, quando
si sforzano di diventare uno.
Tu, o
mente, sei sempre agitata e il Sé è sempre in pace. Così non ci può essere
relazione fra voi due. Se, comunque, entri nello stadio di samadhi o suprema
equanimità, rimarrai fermamente stabilita nella Coscienza, senza la distrazione
della diversità, senza le nozioni né dei molti né dell’uno e realizzerai che
c’è soltanto un Sé, la Coscienza Infinita, che risplende come questi
innumerevoli esseri.” Vitahavya continuò a contemplare: “0 sensi, sento che
siete stati tutti dispersi dalla luce delle mie ammonizioni, poiché siete nati
dall’oscurità dell’ignoranza.
0 mente,
sicuramente la tua emergenza come apparizione è per la tua stessa angoscia!
Vedi come con il tuo sorgere innumerevoli esseri diventano illusi ed entrano in
questo oceano del dolore con tutta la sua prosperità ed avversità, malattia,
vecchiaia e morte; come l’avidità divora tutte le buone qualità di tutti e li
distrugge; come la lussuria o il desiderio li distrae e dissipa la loro
energia.
0 mente,
quando tu cessi di essere sbocciano tutte le buone e nobili qualità. C’è pace e
purezza di cuore. Le persone non cadono nel dubbio e nell’errore. C’è amicizia
che promuove la felicità di tutti. Le preoccupazioni e le ansietà si
inaridiscono. Quando l’oscurità dell’ignoranza viene dispersa, la luce
interiore risplende brillantemente. La distrazione mentale e la disperazione
cessano, proprio come quando il vento cessa di agitare la sua superficie
l’oceano diventa calmo.
All’interno
sorge la conoscenza del Sé e la realizzazione della Verità pone fine alla
percezione dell’illusione del mondo: soltanto la Coscienza Infinita risplende.
C’è un’esperienza di beatitudine non concessa all’ignorante che è pieno di
desideri.
Tali sono
i frutti della tua assenza o mente e ce ne sono innumerevoli altri. 0 mente, tu
sei il supporto di ogni speranza e desiderio; quando cessi di essere, cessano
tutte queste speranze e desideri.
Puoi ora
scegliere di essere una cosa sola con la Realtà e di cessare di essere
un’entità indipendente. La tua esistenza in quanto identica al Sé e non diversa
da esso, è conduciva alla felicità, o mente. Perciò sii fermamente radicata
nella realizzazione della tua non-esistenza. Sicuramente, è sciocco trascurare
la felicità.
Quello che
è sorto nell’ignoranza perisce nella saggezza. A dispetto di te stessa, o buona
mente, questa indagine è sorta in te; questo è sicuramente per il conseguimento
della beatitudine. In effetti non c’è mente: esiste il Sé soltanto, Esso solo
è, non c’è null’altro. Io sono quel Sé, perciò non c’è null’altro che Me
nell’universo. Io sono la Coscienza Infinita il cui stato cinetico appare come
l’universo.”
Vasistha continuò: “Dopo questa indagine, il saggio Vitahavya rimase in
uno stato di totale quiescenza (samadhi) e persino il suo prana non si mosse.
La sua coscienza non era fissa all’interno, né percepiva gli oggetti
all’esterno. Con il corpo eretto, egli sembrava una statua vivente. Il suo
samadhi era indisturbato dagli innumerevoli disturbi naturali o da quelli
causati dagli esseri umani e sub-umani. Così passarono trecento anni come se
fossero un’ora. Il corpo che era riflesso nella Coscienza, era protetto da
essa.
Dopo
questo periodo, la sua mente cominciò a muoversi ed in essa sorsero le nozioni
di una creazione. Allora passò cento anni come un saggio sul monte Kailash. Per
cento anni fu un semidio. Poi governò come Indra, il re del cielo, per un
periodo di cinque cicli del mondo.”
Rama chiese: “Come fu possibile interferire con i periodi di tempo
di dei come Indra, o saggio?”
Vasistha rispose: “L’energia della Coscienza Infinita è onnipresente e si
manifesta come vuole e dovunque vuole. In qualunque modo, dovunque e comunque
questa Coscienza concepisca l’ordine cosmico, così diventa.
Così egli
vide tutto questo nel suo cuore che era libero da ogni condizionamento.
A causa di
questo conseguimento della Coscienza Infinita, perciò, queste nozioni sorsero
in essa spontaneamente e non volitivamente.
Dopo
questo, egli servì come attendente del Signore Shiva per un’intera epoca.
Il saggio
liberato Vitahavya sperimentò tutto questo.”
Rama chiese: “Se tale è l’esperienza di Vitahavya, un saggio
liberato, allora sembra che la schiavitù e la liberazione esistano persino per
un saggio!”
Vasistha rispose: “0 Rama, per i saggi liberati questo mondo esiste in
tutta la sua purezza, pace e perfezione, come Brahman, l’Infinito: come ci può
essere schiavitù e liberazione per loro? Poiché Vitahavya era diventato una
sola cosa con la Coscienza Infinita, egli sperimentava le esperienze di tutti e
continua a farlo anche ora!”
Rama chiese: “Se la creazione del saggio era immaginaria, come
potevano gli esseri incarnati in essa essere consci e senzienti?”
Vasistha rispose: “Se la creazione di Vitahavya era immaginaria, o Rama,
allora lo è anche questa! Questa e quella sono entrambe Pura, Infinita
Coscienza, la loro apparizione essendo il risultato dell’illusione della mente.
In verità,
non esisteva né quella creazione né questa. Brahman soltanto esiste nei tre
periodi di tempo.”
Rama chiese: “Signore, ti prego, dimmi come Vitahavya riportò in
vita il suo corpo nella caverna.”
Vasistha continuò: “Il saggio aveva realizzato la Coscienza Infinita e
conosceva che la mente chiamata Vitahavya era soltanto un’apparizione in Essa.
Mentre era
un servo del Signore Shiva, una volta pensò di vedere quel corpo di Vitahavya.
Quando pensò così, nella sua stessa Coscienza vide tutte le altre incarnazioni
che aveva avuto - alcune di loro erano giunte a termine ed altre stavano ancora
funzionando - e, egli vide il corpo conosciuto come Vitahavya sprofondare come
un verme nel fango.
Vedendo
così rifletté: ‘Sicuramente, questo mio corpo è privo della forza vitale ed è
perciò incapace di funzionare. Ora entrerò nell’orbita solare e con l’aiuto del
potere solare conosciuto come pingala entrerò in quel corpo. 0 lo abbandonerò,
poiché, che cosa ho a che fare con il corpo di Vitahavya? Vedendo che questo
corpo non si è decomposto e non è ritornato agli elementi, entrerò in esso e lo
farò funzionare per un po'”.
Il corpo
sottile del saggio allora entrò nell’orbita del sole. Riflettendo sullo scopo
dell’entrata del saggio nella sua orbita e dell’azione appropriata concernente
quello scopo, il sole ordinò alla sua propria energia di eseguire il compito.
L’energia
del sole condusse il cammino e come ordinato dal sole entrò nella regione della
catena Vindhya dopo essere discesa dall’orbita solare. Discese giusto dov’era
il corpo del santo coperto dal fango, al fine di rialzarlo. Seguendola, il
corpo sottile di Vitahavya entrò anch’esso in quel corpo che fu istantaneamente
riportato in vita. Vitahavya allora salutò l’energia solare, pingala, che
ritornò all’orbita solare e il saggio procedette verso il lago per le sue
abluzioni. Avendo fatto il suo bagno e avendo adorato il sole, il saggio
ritornò alla sua vita di prima. Visse una vita illuminata, con amicizia, mente
equilibrata, pace, compassione e gioia.
Vasistha continuò: “Alle volte si rivolgeva così alla mente: ‘0 mente,
guarda come sei beatifica, ora che sei in uno stato equilibrato! Rimani così
per tutto il tempo.’
Si
rivolgeva ai sensi in questo modo: ‘0 sensi! Il Sé non vi appartiene, né voi
appartenete al Sé. Possiate tutti perire! Le vostre brame sono cessate. Non
sarete più in grado di governarmi. L’errore della vostra esistenza sorse
dall’ignoranza del Sé, proprio come la non percezione della corda dà origine
all’erronea percezione di un serpente: alla luce della saggezza tutto ciò
svanisce.
‘0 sensi!
Siete diversi dal Sé, l’agente delle azioni è differente da tutte queste, lo
sperimentatore delle esperienze è ancora diverso e la Coscienza Infinita è
anch’essa diversa da tutto questo - di chi
è l’errore
e come sorge? Avviene così: gli alberi crescono nella foresta, le corde sono
fatte di altre fibre con cui il legno viene legato insieme, il fabbro modella
l’ascia, ecc. Con tutto questo il carpentiere costruisce una casa per poterei
trarre di che vivere, non perché vuole costruire una casa! Così in questo mondo
le cose avvengono indipendentemente l’una dall’altra e la loro coincidenza è
accidentale, come la noce di cocco matura che cade in coincidenza con
l’atterraggio di un corvo sulla palma, facendo apparire alla gente ignorante
che il corvo ha fatto cadere la noce di cocco. Chi deve essere biasimato per
tutto questo? Quando questa verità è conosciuta, l’errore rimane errore, la
conoscenza diventa chiara conoscenza, il reale è reale, l’irreale è irreale,
ciò che è stato distrutto è distrutto e ciò che rimane, rimane.’
Così
riflettendo, stabilito in questa conoscenza, il saggio visse in questo mondo
per lungo tempo. Era stabilito in quello stato che è totalmente libero
dall’ignoranza e dall’errore e che assicura che di non rinascere più.
Ogniqualvolta
c’era contatto con gli oggetti dei sensi, egli ricorreva alla pace della
contemplazione e gioiva la beatitudine del Sé. Il suo cuore era libero
dall’attrazione e dall’avversione anche quando gli toccava ogni sorta di
esperienza, non cercata.”
Vasistha continuò: “Una volta il saggio Vitahavya si sentì incline ad
abbandonare il suo corpo e ad assicurarsi che non sarebbe mai più ritornato a
rinascere. Si diresse in una caverna sulla montagna Sahya, sedette nella
posizione del loto e si disse: ‘0 attrazione, abbandona la tua forza di
attrazione. 0 odio, abbandona l’odiato, tu hai giocato troppo a lungo con me. 0
piaceri, omaggi a voi; mi avete invero sostenuto in tutti questi anni e mi
avete persino fatto dimenticare il Sé. 0 dolore, omaggi a te; mi hai spinto
nella mia ricerca per la conoscenza del Sé ed è per la tua grazia che l’ho
conseguita; perciò tu sei invero il donatore della delizia.
0 corpo,
amico mio, permettimi di andare alla mia eterna dimora della conoscenza del Sé.
Tale invero è il corso della natura; tutti devono abbandonare il corpo in
qualche momento o in un altro. Tu stesso hai provocato questa separazione
guidandomi nobilmente alla realizzazione del Sé. Com’è meraviglioso! Al fine di
mettermi in grado di conseguire la conoscenza del Sé, hai distrutto te stesso.
0 madre brama! Lasciami andare ora; rimani sola ad avvizzire, poiché ho
raggiunto lo stato della pace suprema. 0 lussuria! Al fine di conquistarti ho
fatto amicizia con il tuo nemico il distacco; perdonami. Procedo verso la
libertà; benedicimi. 0 merito! Omaggi a te, poiché mi hai riscattato
dall’inferno e mi hai condotto al cielo. Omaggi al demerito, la sorgente del
dolore e della punizione. Omaggi all’illusione sotto la quale mi sono sforzato
a lungo e che non è stata vista da me nemmeno ora.
0 caverna,
compagna del samadhi, della meditazione, ti saluto. Mi hai dato rifugio quando
ero tormentato dai dolori dell’esistenza mondana. 0 bastone, anche tu sei stato
mio amico proteggendomi dai serpenti, ecc. e mi hai salvato dal cadere negli
abissi. Omaggi a te. 0 corpo, ritorna agli elementi di cui sei composto. Omaggi
alle attività come il lavarsi; omaggi alle attività di questo mondo. Omaggi
alla forza vitale (prana) che è stata la mia compagna. Qualunque cosa ho fatto
in questo mondo è stata fatta soltanto da te, attraverso di te ed a causa della
tua energia. Ti prego, ritorna alla tua sorgente poiché ora mi fonderò in
Brahman.
Tutte le
cose che si riuniscono in questo mondo dovranno un giorno o l’altro separarsi.
0 sensi, ritornate alle vostre sorgenti, gli elementi cosmici.
Ora
entrerò nel Sé per mezzo del Sé indicato dalla culminazione del suono OM, come
una lampada senza combustibile. Sono libero da tutte le attività di questo
mondo e da tutte le nozioni delle percezioni e delle esperienze. Il mio cuore è
stabilito nella pace indicata dal risuonare dell'OM.”
Vasistha continuò: “Con tutti i desideri della mente ridotti al supremo
silenzio ed essendosi ben radicato nel piano della Coscienza non duale, il
saggio Vitahavya pronunciò la sacra sillaba Om. Contemplando il significato
esoterico di Om egli percepì l’errore del confondere la Realtà con l’apparenza.
Con il totale abbandono di tutti i concetti e precetti, egli rinunciò ai tre
mondi. Diventò supremamente quiescente come quando la ruota del vasaio giunge a
riposo.
Pronunciando
Om egli disperse le reti degli organi di senso e dei loro oggetti, proprio come
il vento disperde il profumo.
Dopo
questo, lacerò l’oscurità dell’ignoranza. Scorse la luce interiore per appena
una frazione di secondo, ma rinunciò anche a quella immediatamente. Trascese
sia la luce che l’oscurità. Rimase soltanto una traccia di forma-pensiero.
Anche questa fu abbandonata dal saggio in un battito di ciglia. Ora il saggio
rimase nella Pura, Infinita Coscienza, assolutamente non modificata; era come
lo stato di coscienza dell’infante appena nato. Abbandonò tutta l’oggettività e
persino il minimo movimento della coscienza.
Attraversò
lo stato conosciuto come pasyanti e raggiunse la coscienza del sonno profondo.
Continuò al di là di questo e raggiunse la coscienza trascendentale o turiya. È
uno stato di beatitudine che non ha descrizioni che è e non è allo stesso
tempo, che è luce e oscurità simultaneamente. È piena della non-coscienza e
della Coscienza. Può essere indicato soltanto dalla negazione (neti, netiti -
non questo, non questo).
Quello
stato è il vuoto, Brahman, la Coscienza, il Purusha del Sankhya, l’Iswara dello
yogi, Shiva, il Tempo, l’Atman o il Sé, il non Sé, il Mezzo, ecc. dei mistici
con differenti opinioni. È quello stato che è stabilito come la Verità da tutti
questi punti di vista scritturali, il Tutto; in Quello, il saggio rimase
fermamente stabilito.
Quando il
saggio diventò una sola cosa con la Coscienza Infinita, il corpo si decompose e
gli elementi ritornarono alla loro rispettiva fonte.
Così ti ho
raccontato o Rama la propizia storia del saggio Vitahavya.
Soltanto
attraverso tale saggezza uno va al di là del dolore, distrugge l’ignoranza e
consegue la perfezione.
Ciò che ti
è stato descritto come Vitahavya è soltanto una nozione nella nostra mente;
così sono io e così sei tu. Tutti questi sensi e l’intero mondo non sono
null’altro che la mente. Che cosa altro può essere il mondo, o Rama?”
Rama chiese: “Signore, perché non vediamo molti di questi saggi
liberati che attraversano il cielo, ora?”
Vasistha rispose: “Il volare nel cielo ed altri poteri sono naturali per
qualche essere, o Rama, non per i saggi di conoscenza. Le facoltà
super-naturali (come il volare nell’aria) sono sviluppate persino da coloro che
sono privi della conoscenza del Sé o della Liberazione, con l'utilizzazione di
certe sostanze o per mezzo di certe pratiche.
Tutto
questo non interessa all’uomo di conoscenza che è supremamente appagato in se
stesso.
Coloro
che, perseguendo i piaceri, acquisiscono questi poteri macchiati
dall’ignoranza, sono sicuramente pieni di ignoranza; i saggi di conoscenza non
adottano un tale corso.
Che uno
sia un conoscitore della Verità o ignorante di essa, i poteri come volare
nell’aria vengono a colui che si impegna in determinate pratiche.
Ma il
saggio della conoscenza del Sé non ha il desiderio di acquisire tutto questo.
Queste pratiche donano il loro frutto a tutti, poiché tale è la loro natura. Il
veleno uccide tutti, il vino intossica tutti, allo stesso modo, queste pratiche
portano all’abilità di volare, ecc., ma coloro che hanno conseguito la suprema
conoscenza del Sé non sono interessati in tutto ciò, o Rama. Esse sono
guadagnate soltanto da coloro che sono pieni di desideri; ma il saggio è libero
dal minimo desiderio di qualunque cosa.
La
conoscenza del Sé è il più grande guadagno; come potrebbe il saggio di
conoscenza intrattenere qualunque desiderio per qualunque altra cosa?
Nel caso
di Vitahavya, comunque, egli non desiderò questi poteri; essi lo cercarono,
senza essere cercati.”
Rama chiese: “Com’è che i vermi non distrussero il corpo di
Vitahavya quando giaceva abbandonato nella caverna e come fu che Vitahavya non
conseguì immediatamente la Liberazione disincarnata?”
Vasistha rispose: “0 Rama, il corpo dell’uomo ignorante si compone e si
decompone a causa degli stati del suo condizionamento mentale; nel caso di
colui che non ha tale condizionamento, non c’è spinta per la decomposizione.
Ancora, la mente di tutti gli esseri risponde alla qualità dell’oggetto con cui
giunge in contatto. Quando una creatura violenta giunge in contatto con colui
che ha raggiunto la suprema equanimità, anch’essa diventa temporaneamente
equanime e tranquilla, sebbene possa ritornare alla sua violenza quando questo
contatto è perduto. Perciò, il corpo di Vitahavya rimase intoccato. Questo si
applica persino alle sostanze materiali come la terra, il legno, ecc., poiché
la Coscienza pervade tutto. Poiché la Coscienza di Vitahavya non attraversò
nessun cambiamento, nessun cambiamento avvenne nel suo corpo.
Poiché non
c’era movimento del prana in esso, anche la decomposizione non poteva avvenire.
Il saggio
è indipendente e libero di vivere e di abbandonare il corpo. Che egli non abbia
abbandonato il corpo ad un certo tempo e l’abbia fatto più tardi è puramente
incidentale; può essere collegato al suo tarma, ecc., ma in verità egli è al di
là del karma, al di là del destino e privo di condizionamento mentale.”
Vasistha continuò: “Quando la mente di Vitahavya diventò distaccata e
totalmente libera attraverso la pratica dell’indagine, sorsero in lui nobili
qualità come l’amicizia, ecc.”
Rama chiese: “Quando la mente è stata dissolta in Brahman, l’Assoluto,
in chi sorgono le qualità come l’amicizia?”
Vasistha rispose: “0 Rama, ci sono due tipi di ‘morte della mente’.
Una è dove
la forma della mente rimane e l’altra è persino dove quella forma cessa di
essere.
La prima
accade quando il saggio è ancora vivo; la seconda accade quando egli è
disincarnato.
L’esistenza
della mente causa miseria e la sua cessazione porta gioia.
Quello che
considera come ‘mie’ le qualità che sono senza inizio, è il jiva. Sorge nella
mente che non ha conoscenza del Sé e che è perciò infelice.
Fino a che
c’è mente, non c’è cessazione del dolore. Quando la mente cessa, cessa anche
l'apparizione del mondo. La mente è il seme della miseria.
Ora ti
descriverò come la mente cessa di esistere.
Quando sia
la felicità che l’infelicità non distolgono un uomo dalla sua suprema
equanimità, allora sappi che la sua mente è morta.
Colui nel
quale le nozioni limitanti la sua coscienza ‘questo sono io’ e ‘questo non sono
io’ non sorgono, la sua mente è morta.
Colui nel
quale le nozioni stesse della calamità, povertà, esultanza, orgoglio, ottusità
ed eccitazione non sorgono - la sua mente è morta ed egli è liberato pur
vivendo.
La natura
stessa della mente è stupidità. Perciò quando muore sorgono la purezza e le
nobili qualità. Qualche saggio fa riferimento alla ‘mente pura’ come a quello
stato di suprema purezza che prevale in un saggio liberato in cui la mente è
morta.
Tale mente
del saggio liberato è, perciò, piena di nobili qualità come l’amicizia, ecc.
L’esistenza di tale naturale bontà in un saggio liberato è conosciuta come
sattva, purezza, armonia. Perciò, questo è anche chiamato ‘morte della mente
dove la forma rimane’. La morte della mente dove persino la forma svanisce
appartiene al saggio disincarnato. Nel caso di una tale mente non rimane alcuna
traccia. È impossibile descriverla in modo positivo: in essa non ci sono né
qualità, né la loro assenza, né virtù, né la loro assenza, né luce, né
oscurità, nessuna nozione, nessun condizionamento, né esistenza, né
non-esistenza. È uno stato di suprema quiescenza ed equilibrio.
Coloro che
si sono elevati al di là della mente e dell’intelligenza, raggiungono quello
stato supremo di pace.
Rama chiese: “Signore, qual è il seme di questo spaventoso albero
conosciuto come la mente e qual è il seme di quel seme e così via?”
Vasistha rispose: “ Rama, il seme di quest’apparizione del mondo è il
corpo sottile all’interno, con tutte le sue nozioni e concetti di bene e male.
Quel corpo ha anch’esso un seme e questo è la mente che fluisce costantemente
nella direzione di speranze e desideri e che è anche la depositaria di nozioni
di esistenza e non-esistenza e del conseguente dolore.
L’apparizione
del mondo sorge soltanto nella mente e questo è illustrato dallo stato di
sogno. Qualunque cosa venga vista qui come il mondo, non è altro che
l’espansione della mente, proprio come le pentole sono trasformazioni
dell’argilla.
Ci sono
due semi per l’albero conosciuto come la mente che portano in sé innumerevoli
nozioni ed idee: innanzitutto, il movimento del prana (la forza vitale) e
secondariamente l’ostinata fantasticheria.
Quando c’è
il movimento del prana negli appropriati canali, allora c’è il movimento nella
Coscienza e sorge la mente. Ancora, è soltanto il movimento del prana, quando è
visto o percepito dalla mente, che è visto come questa apparizione del mondo,
che è reale quanto il blu del cielo. La cessazione del movimento del prana è
anche la cessazione dell’apparizione del mondo.
L’Onnipresente
Coscienza è ‘risvegliata’, stimolata per così dire, dal movimento del prana. Se
questo non accade, allora c’è il Bene Supremo.
Quando la
Coscienza è così ‘risvegliata’, comincia a percepire gli oggetti, sorgono le
idee e perciò il dolore.
D’altra
parte, se questa Coscienza riposa in Se stessa come nel sonno profondo, allora
uno consegue ciò che è più desiderabile, lo stato supremo. Perciò, tu
realizzerai lo stato innato della Coscienza se controllerai il movimento del
prana nel tuo terreno psichico (dei concetti e delle nozioni) o ti asterrai dal
disturbare l’omogeneità della Coscienza.
È quando
questa omogeneità è disturbata e la coscienza sperimenta la diversità che sorge
la mente e entrano in attività le innumerevoli variazioni psicologiche.
Al fine di
provocare la quiescenza della mente, lo yogi pratica il pranayama, la
meditazione e tali altri adeguati e appropriati metodi.
I grandi
yogi considerano questo pranayama stesso come il metodo più appropriato per il
raggiungimento della tranquillità della mente, della pace, ecc.
Ti
descriverò ora l’altro punto di vista, quello degli uomini della saggezza, nato
dalla loro diretta esperienza: essi dichiarano che la mente è nata dal proprio
ostinato attaccamento ad una fantasia o illusa immaginazione.”
Vasistha continuò: “Quando, aggrappandosi ostinatamente ad una fantasia e perciò
abbandonando un'adeguata indagine nella natura della Verità uno percepisce un
oggetto con quella fantasticheria - tale percezione è descritta come
condizionamento o limitazione.
Quando si
indulge persistentemente e intensamente in quella fantasia, questo mondo appare
nella Coscienza. Afferrata nel suo proprio condizionamento, qualunque cosa la
persona vede, la considera reale e resta illusa.
Tutto
questo avviene soltanto alla persona ignorante.
Quella, la
cui percezione è così perversa, è conosciuta come mente. Quando questa mente è
confermata nella sua percezione perversa, diventa il seme di ripetute nascite,
vecchiaie e morti.
Quando le
nozioni del desiderabile e dell’indesiderabile non sorgono, allora la mente non
sorge e c’è suprema pace. Questi soltanto costituiscono la forma della mente -
concetti, immaginazione, pensiero e memoria. Quando questi sono assenti, come
può esistere una mente? Quando uno, stabilito nel non-divenire, contempla
Quello che non è cambiato nel divenire e quando così percepisce ciò che è così
com’è, la mente diventa non-mente.
Quando il
condizionamento psicologico o limitazione non è denso, quando è diventato
trasparente, uno diventa un saggio liberato che apparentemente vive e funziona
in virtù della spinta passata (proprio come la ruota di un vasaio gira dopo che
è stato ritirato l’impulso iniziale), ma non rinascerà più. Nel suo caso il
seme è stato arrostito, per così dire e non germinerà nell’illusione del mondo.
Quando il corpo cade, egli è assorbito nell’Infinito.
Dei due
semi di questa illusione del mondo (movimento del prana e aggrapparsi alla
fantasticheria), se uno cade scompare anche l’altro; poiché i due sono
interdipendenti. La mente crea l’illusione del mondo e la mente è creata dal
movimento del prana.
Ancora, questo
movimento del prana avviene a causa del condizionamento mentale o
fantasticheria. Così questo ciclo vizioso è completato; uno nutre l’altro, uno
spinge l’altro nell’azione. Il moto è naturale al prana e quando si muove nella
Coscienza, sorge la mente, poi il condizionamento tiene il prana in moto.
Quando uno viene arrestato, entrambi cadono.
Il
condizionamento psicologico o limitazione, soltanto, è la sorgente di
inenarrabile dolore e sofferenza ed è la radice dell’ignoranza, ma quando
giunge a fine, la mente cade con esso istantaneamente. Allo stesso modo con il
controllo del movimento del prana, la mente giunge all’arresto, senza percepire
il mondo che dimora all’interno di essa.”
Vasistha continuò: “Rama, la nozione di un oggetto è il seme sia per il
movimento del prana che per l’attaccamento alla fantasticheria, poiché è
soltanto quando tale desiderio per l’esperienza sorge nel cuore che avviene
tale movimento del prana e condizionamento mentale.
Quando
questo desiderio per l’esperienza viene abbandonato, entrambi cessano
istantaneamente.
Naturalmente,
la Coscienza che dimora all’interno è il seme di questo desiderio di
sperimentare: poiché senza quella Coscienza il desiderio di tale esperienza non
sorgerebbe affatto.
Proprio
come un uomo sogna la sua propria morte o i suoi viaggi all’estero, così questa
Coscienza, per la sua stessa abilità, sperimenta Se stessa come un oggetto.
Quando
tale esperienza avviene, il risultato è l’apparizione di questo mondo, o Rama.
Quando questa verità è realizzata, l’illusione cessa di essere.
Che cos’è
la Verità? Che tutto questo non è null’altro che l’Unica Infinita Coscienza e
che al di fuori di Essa non c’è altro.
Qualunque
cosa sia vista e qualunque cosa non sia vista, tutto questo è l’Infinita
Coscienza – così dovrebbe realizzare il saggio, purificando la sua visione.
La visione
non purificata percepisce il mondo; la visione purificata percepisce l’Infinita
Coscienza e questa stessa è la Liberazione. Perciò, o Rama, sforzati di
sradicare il desiderio di esperienza. Liberati dall’indolenza, liberati da ogni
esperienza.”
Rama chiese: “Signore, come possono essere riconciliati questi due?
Posso cercare la libertà da ogni esperienza e la libertà dall’inattività allo
stesso tempo?”
Vasistha rispose: “Colui che non ha desiderio né speranza per nulla, né
intrattiene il desiderio di riposare nell’inattività, costui non esiste come un
jiva; egli non è né inattivo, né cerca l’esperienza.
Liberato
da ogni condizionamento, pienamente stabilito nello stato di Coscienza non
modificata, lo yogi rimane immerso nella beatitudine. Questa beatitudine non è
un’esperienza, ma la natura stessa della Coscienza, perciò, non agisce come
disturbo, ma rimane integrata nella Coscienza. Là c’è la libertà da ogni
esperienza. Allo stesso tempo, lo yogi è costantemente impegnato nell’azione:
perciò, c’è libertà dall’inattività.”
Vasistha continuò: “Per quanto difficile possa essere raggiungere questo
stato, Rama, sforzati di rag-giungerlo e attraversa questo oceano di dolore.
Questo
desiderio di esperienza sorge come un pensiero nella Coscienza e con la
ripetizione di questo pensiero, guadagna forza. Così avendo provocato
all’interno di Se stessa l’illusoria creazione, in seguito la Coscienza conduce
Se stessa alla sua propria liberazione. Qualunque cosa concepisca, quella
materializza. Così essendosi vincolata, essendosi resa soggetta al dolore (come
il baco da seta con il bozzolo), nel dovuto corso di tempo consegue la
Liberazione, poiché la sua natura è Infinita Coscienza. Ciò che è visto come l’universo
non è null’altro che Pura Coscienza, o Rama. La Pura Esistenza soltanto, senza
alcuna divisione in essa, è il seme di tutto ciò di cui abbiamo discusso fino
ad ora: e non c’è seme per questa Pura Esistenza. È la causa di ogni cosa ed
Essa stessa è senza causa. In Essa tutto questo è riflesso. Tutte le diverse
esperienze sono sperimentate in questa Pura Esistenza, come i diversi gusti
sono gustati da un’unica lingua.”
Rama chiese: “0 Signore, gentilmente dimmi, come può uno rapidamente
distruggere tutti questi semi di distrazione e raggiungere lo stato supremo?”
Vasistha disse: “Questi semi del dolore, o Rama, possono essere
distrutti ciascuno con la distruzione del precedente. Ma, se con un colpo solo
tagli ogni condizionamento mentale e con grande sforzo ti immergi nello stato
della Pura Esistenza, presto sarai stabilito in Essa. Se comunque desideri
semplicemente trovare un punto di appoggio nella Pura Esistenza, puoi
raggiungerlo, con uno sforzo ancora più grande.
Similmente,
contemplando la Coscienza Infinita, anche così, puoi riposare nello stato
supremo, ma questo richiede uno sforzo ancor più grande.
Se però ti
sforzi di distruggere il condizionamento (le vasana, i concetti, le nozioni, le
tendenze ecc.), allora in un momento tutti i tuoi errori e malattie svaniranno.
Comunque, questo è più difficile degli altri metodi descritti in precedenza.
Poiché, sino a che la mente non è libera dal movimento del pensiero, la
cessazione del condizionamento è difficile e viceversa; e a meno che la Verità
non venga realizzata, la mente non cesserà di funzionare e viceversa.
Ancora, a
meno che il condizionamento cessi, la Verità non condizionata non viene
realizzata e viceversa.
Poiché la
realizzazione della Verità, la cessazione della mente e la fine del
condizionamento sono strettamente intrecciati, è estremamente difficile
trattare con essi individualmente e separatamente. Perciò, o Rama, con ogni
mezzo in tuo potere, rinuncia a perseguire il piacere e ricorri a tutti e tre
simultaneamente.
Se tutti
questi vengono simultaneamente praticati per un considerevole tempo, allora
diventano fruttuosi, non altrimenti.
0 Rama,
questa apparizione del mondo è stata sperimentata come verità per lungo tempo:
e c’è bisogno di persistente pratica di tutti questi tre, simultaneamente, per
sopraffarla.
I saggi
dichiarano che l’abbandono del condizionamento e il controllo del prana hanno
uguale effetto: perciò, uno dovrebbe praticarli simultaneamente. Il prana è
controllato dalla pratica del pranayama e dall’asana yoga, come insegnato dal
Guru, o da altri mezzi. Quando i desideri, le avversioni e le brame non sorgono
nella mente, anche se i loro oggetti vengono visti di fronte, allora si deve
inferire che il condizionamento mentale si è indebolito; da lì sorge la saggezza
che indebolisce ulteriormente il condizionamento. Allora la mente cessa.
Non è
possibile ‘uccidere la mente’ senza adeguati metodi. La conoscenza del Sé, la
compagnia di uomini santi, l’abbandono del condizionamento, il controllo del
prana – questi sono i mezzi per sopraffare la mente. Ignorando questi e
ricorrere a pratiche violente come l’hatha yoga, le austerità, i pellegrinaggi,
i riti e i rituali è uno spreco di tempo.
Se uno ha
raggiunto anche un po’ di controllo sulla mente per mezzo dell’indagine sul Sé,
tale persona ha conseguito il frutto della sua vita, poiché quell’indagine sul
Sé si espanderà nel suo cuore. Quando tale indagine è preceduta dal distacco e
ha conseguito stabilità per mezzo della pratica, tutte le nobili qualità si
manifestano naturalmente. L’ignoranza e il suo seguito non disturbano colui che
è pienamente stabilito nell’indagine sul Sé e che vede ciò che è senza
distorsioni. Quando ha posto il suo piede fermamente nel terreno spirituale,
egli non è sopraffatto dai rapinatori conosciuti come piaceri sensoriali.
Ma, i
piaceri sensoriali sopraffanno colui che non è così stabilito. La conoscenza
della verità scaccia ogni dolore. Insieme con la conoscenza sorge l’esperienza
di essa. Ma quando la luce interiore, accesa da un adeguato studio delle
scritture e dall’indagine sulla loro verità, illumina sia la conoscenza che
l’esperienza di essa, la loro totale identità viene realizzata. Questa luce
interiore stessa è considerata come la conoscenza del Sé dai santi. Colui che
ha la conoscenza del Sé è per sempre immerso nell’esperienza diretta. Colui che
agisce senza attaccamento, semplicemente con gli organi dell’azione, non è
influenzato da nulla, né dalla gioia, né dal dolore. Sicuramente l’attaccamento
è la causa di questa illusione del mondo; esso solo crea gli oggetti.
L’attaccamento
causa la schiavitù e dolore senza fine. Perciò, i santi dichiarano che
l’abbandono dell’attaccamento è in se stesso liberazione. Abbandona
l’attaccamento, o Rama, e sii un saggio liberato.”
Rama chiese: “Signore, gentilmente dimmi, che cos’è questo
attaccamento?”
Vasistha rispose: “L’attaccamento è ciò, o Rama, che rende il
condizionamento della mente sempre più denso, causando ripetutamente le
esperienze del piacere e del dolore, relativamente all’esistenza e alla non
esistenza degli oggetti del piacere, così confermando tale associazione come
inevitabile e provocando un intenso attaccamento a questi oggetti.
Nel caso
del saggio liberato, comunque, questo condizionamento è indebolito, se non
distrutto. Anche se esiste in uno stato estremamente indebolito, fino alla
morte del corpo, le azioni che possono originare da tale indebolito e puro
condizionamento non risultano nella rinascita.
D’altra
parte, il denso condizionamento che esiste nell’ignorante è esso stesso
conosciuto come attaccamento. Se ti ergi al di là della gioia e del dolore e
perciò li consideri allo stesso modo e se sei libero dall’attrazione,
dall’avversione e dalla paura, sei distaccato.
Se non ti
angosci nei dolori, se non esulti nella felicità e se sei indipendente dai tuoi
stessi desideri e speranze, conosci il distacco.
Se hai
guadagnato la conoscenza del Sé e se, investito di visione equanime, ti impegni
nella spontanea, appropriata azione nel qui ed ora, sei distaccato.
Rimanendo
stabilito senza sforzo nel non attaccamento, vivi come un saggio liberato senza
essere attratto da nulla. Il saggio liberato vive nel silenzio interiore, senza
orgoglio né vanità, senza gelosia e con i sensi pienamente sotto controllo.
Anche quando tutti gli oggetti del mondo sono sparsi di fronte a lui, il saggio
liberato che è libero dalle brame non è tentato da essi, ma si impegna nelle
semplici, naturali azioni.
Qualunque
cosa sia inevitabile ed appropriata, egli la compie; la sua gioia e la sua
delizia, comunque, egli le ricava dall’interno: così è liberato da questa
apparizione del mondo.
Proprio
come il latte non abbandona il suo colore quando è bollito, egli non abbandona
la sua saggezza anche quando è severamente messo alla prova da terribili
calamità.
Che egli
sia soggetto a grande dolore o sia designato come sovrano del cielo, rimane in
uno stato equilibrato di mente.
Perciò, o
Rama, impegnati costantemente nell’indagine sul Sé e riposa fermamente
stabilito nella Conoscenza. Così, non sarai mai più soggetto alla nascita e
alla schiavitù.”