06 Storia dei figli di Hindu
Vasistha continuò: “Vicino alla santa montagna Kailash, in un luogo
conosciuto come Suvarnajatha, c’era un santo noto come Hindu, un discendente
del saggio Kasyapa. Egli e sua moglie godettero di ogni benedizione eccetto
quella della prole.
Per
questo, si recarono al Kailash e si impegnarono in una severa austerità,
vivendo soltanto di una piccolissima quantità d’acqua.
Il Signore
Shiva fu compiaciuto della loro austerità e apparve di fronte a loro concedendo
che scegliessero un dono. Essi pregarono di poter dare nascita a dieci degni
figli, devoti a Dio e alla rettitudine e così fu.
Presto i
ragazzi diventarono uomini e già a sette anni padroneggiavano tutte le
scritture.
Dopo un
certo tempo, i loro genitori abbandonarono il corpo e divennero liberati. I
dieci giovani rimasero fortemente scossi dalla perdita dei genitori. Si
riunirono e si chiesero:
‘Fratelli,
qual è la meta più desiderabile, degna della nostra aspirazione e che non
conduca all'infelicità? Essere un re, un imperatore, essere Indra, il re del
cielo?’
Uno di
loro disse.” Tutto questo è insignificante, poiché persino Indra governa il
cielo soltanto per un’ora e mezzo della durata di vita del Creatore. Ah, il
conseguimento dello stato di Creatore dev’essere il migliore fra tutti! Non
avrà fine per un’epoca intera!’
Tutti gli
altri furono d’accordo e il fratello maggiore disse: ‘Vi prego, fate come vi
dico, d’ora in poi contemplate così: io sono Brahma, seduto su un loto
completamente sbocciato!’ I fratelli cominciarono a meditare così:
‘Io sono
Brahma, il Creatore dell’universo. I saggi, come pure la dea della saggezza
sono all’interno di me nelle loro forme personali. Il cielo è all’interno di
me, con tutti gli esseri celestiali. Le montagne, i continenti e gli oceani
sono dentro di me; i semidei e i demoni sono dentro di me. Il sole risplende
all’interno di me. Ora avviene la creazione, ora la creazione esiste, ora è il
momento della dissoluzione: un’epoca è finita. La notte di Brahma è giunta. Io
ho la conoscenza del Sé e sono liberato.’
Meditando così con tutto il loro essere, essi divennero quello. Dopo ciò,
rimasero ancora profondamente immersi nella contemplazione della loro decisione
di diventare i creatori dell’universo. I loro corpi si erano seccati e i resti
furono consumati dalle bestie selvagge, ma essi continuarono a restare là nel
loro stato disincarnato per lungo tempo, finché si chiuse un’epoca e ci fu il
grande e bruciante calore del sole e il terribile rovescio delle nuvole che
distrussero tutto. I santi continuarono ancora a rimanere nel loro stato
disincarnato, con la sola intenzione di diventare i creatori dell’universo.
All'alba della nuova creazione, questi uomini erano ancora nello stesso luogo,
nella stessa maniera, con la stessa intenzione e così diventarono i creatori.
Qualunque cosa sia fermamente stabilita come verità del proprio essere, nella
propria mente, quello si è”.
"0
Rama, la mente soltanto è il Creatore del mondo e la mente soltanto è la
Suprema Persona; ciò che è fatto dalla mente è azione; ciò che è fatto dal
corpo non è azione. Guarda il potere della mente. Quando uno pensa.” sono un
piccolo corpo’, egli diventa un essere mortale. Colui la cui coscienza è
estroversa, sperimenta il piacere ed il dolore. D’altra parte, lo yogi, la cui
visione è introversa, non intrattiene idee di dolore e piacere. A questo
proposito c’è una leggenda che ti narrerò.
La storia
di Ahalya
Nel paese
di Magadha viveva un re chiamato Indradyumna. Ahalya era sua moglie. In quel
luogo viveva anche un giovane uomo molto bello, di dubbia moralità, conosciuto
come Indra. Un giorno, la regina ascoltò la storia della seduzione della famosa
Ahalya da parte di Indra, il re del cielo. Come risultato, ella cominciò a
nutrire un grande amore per il giovane Indra. Ahalya era presa dalla passione
per Indra e, con l’aiuto di una delle sue ancelle, riuscì a far sì che il
giovane fosse portato al suo cospetto. Da allora in poi Indra e Ahalya furono
soliti incontrarsi in una casa segreta.
Ahalya era
così attratta da Indra che lo vedeva ovunque. Il pensiero stesso di lui rendeva
il suo volto splendente. Mentre il loro amore cresceva, la loro relazione
divenne pubblica e giunse all’orecchio del re. L’irato re si sforzò di rompere
questa relazione e li punì in numerosi modi: furono immersi in acqua
ghiacciata, furono fritti in olio bollente, furono legati alle gambe di un
elefante, furono frustati.
Ma Indra disse al re, ridendo: ‘0 re, l’intero universo per me
non è altro che la mia; perciò non siamo influenzati da tutto questo. Signore,
io sono soltanto mente e la mente soltanto è l’individuo. Tu puoi punire il
corpo, friggermi gli arti, ma non puoi punire la mente, né puoi provocarvi il
minimo cambiamento. Se la mente è pienamente satura di qualcosa, qualunque cosa
accada al corpo, non influenzerà la mente. Questa mente non è toccata nemmeno
da benedizioni e maledizioni, proprio come la montagna fermamente stabilita non
viene spostata dalle corna di una piccola bestia.
Il corpo
non crea la mente, ma la mente crea il corpo. Solo la mente è il seme per il
corpo. Quando l’albero muore, il seme non muore; ma quando il seme perisce,
l’albero muore con esso. Se il corpo perisce, la mente può creare altri corpi
per se stessa’.
Il re
allora avvicinò il saggio Bharata e lo pregò di punire la coppia recalcitrante
e il saggio lanciò una maledizione su di loro.
Comunque,
essi dissero al saggio e al re: ‘Ahimè, voi siete entrambi di debole
comprensione. Maledicendoci in questo modo avete solo sprecato il merito
acquisito dal tapas. La vostra maledizione sicuramente distruggerà i nostri
corpi, ma non perderemo nulla con ciò. Nessuno può distruggere la mente degli
altri’.
Così, la
maledizione del saggio distrusse i loro corpi e, nell’abbandonarli essi
rinacquero insieme, prima come animali, poi come uccelli e quindi come una
coppia umana in una santa famiglia.
Fino ad
ora, a causa del totale amore dell’uno verso l’altra, essi sono sempre nati
insieme come marito e moglie. Persino gli alberi della foresta furono ispirati
ed influenzati dall’amore e dalla devozione reciproca di questa coppia. Persino
la maledizione del saggio non poté provocare la mutazione della mente della
coppia.
Qualunque
cosa appaia nella propria coscienza, quella sembra venire in essere, stabilirsi
e persino portare frutto. Tale è il potere della mente”.
“La
coscienza individualizzata (mente) ha in sé molteplici potenzialità, proprio
come le spezie hanno in loro il gusto. Quella coscienza stessa appare come il
corpo sottile, o etereo, e quando diventa grossolano, quello stesso appare come
corpo fisico o materiale. Quella coscienza individualizzata stessa è conosciuta
come il Jiva, o anima individuale. Quando tutta questa magia del Jiva cessa,
ciò risplende come l’Essere Supremo.
La mente è
senziente perché è basata sulla Coscienza. Quando viene vista come qualcosa di
separato dalla coscienza, è inerte ed illusa. Quando c’è percezione, la mente
assume il ruolo dell’oggetto di percezione, ma non in realtà, proprio come
quando è percepito il braccialetto, sebbene in verità sia oro. Poiché Brahman
soltanto è tutto questo, anche ciò che è inerte è Pura Coscienza.
Non ci può
essere percezione di due cose completamente diverse. Soltanto quando c’è
similitudine tra il soggetto e l’oggetto la percezione è possibile. Nella mente
il soggetto è ritenuto senziente e l’oggetto viene detto inerte.
Quando
questa illusoria divisione non viene vista per ciò che è, sorge il falso ego.
Ma quando la mente inquisisce sulla sua stessa natura, questa divisione
scompare. C’è la realizzazione della propria Coscienza Infinita e si consegue
grande beatitudine”.
Rama chiese a Vasistha: “Signore, com’è possibile che la
maledizione del saggio abbia influenzato il corpo di Indra e non la sua mente?
Se il corpo non è diverso dalla mente, allora la maledizione dovrebbe
influenzare anche la mente. Ti prego, gentilmente spiegami come la mente non
viene così influenzata”.
Vasistha rispose: “Mio caro, nell’universo, da Brahma fino ad una collina,
ogni essere incarnato ha un duplice corpo. Di questi, il primo è il corpo
mentale, che è irrequieto e agisce rapidamente. Il secondo è il corpo fatto di
carne, che, in realtà, non fa nulla. Di questi, l’ultimo viene investito dalle
maledizioni, dalle benedizioni e anche dagli incantesimi. È muto, impotente,
debole e transitorio, come una goccia d’acqua su una foglia di loro, ed è
completamente dipendente dal destino e da altri simili fattori.
La mente,
comunque, è indipendente, sebbene possa sembrare dipendente. Quando questa
mente s’impegna con sicurezza nello sforzo personale, allora è al di là della
portata del dolore. Ogni qual volta si sforza, sicuramente trova la fruizione
del suo sforzo. Il corpo fisico non raggiunge nulla; d’altra parte il corpo
mentale ottiene i risultati.
Quando la
mente dimora costantemente su ciò che è puro è immune dagli effetti delle
maledizioni. Il corpo può cadere nel fuoco o nel fango, ma la mente sperimenta
soltanto quello che contempla. Questo fu dimostrato da Indra. Fu anche
dimostrato dal saggio Dirghatapa, che desiderò eseguire un rito religioso ma
cadde in un pozzo mentre raccoglieva il necessario. Egli eseguì il rito
mentalmente e ricavò il frutto dell’effettiva esecuzione fisica del rito. E i
dieci figli del santo furono anch’essi in grado di raggiungere lo stato di
Brahma grazie al loro sforzo mentale.
La
malattia mentale e fisica, così come le maledizioni ed il malocchio, non
toccano la mente devota al Sé; non più di quanto un fior di loto possa spezzare
una pietra cadendovi sopra. Perciò, bisognerebbe sforzarsi affinché la mente
segua il sentiero puro.
Qualunque
cosa la mente contempli, quello istantaneamente si materializza. Per mezzo
dell’intensa contemplazione può provocare radicali cambiamenti all’interno di
se stessa. Può guarire se stessa dalla visione difettosa in cui le illusioni
erano percepite come reali. Ciò che la mente fa, quello sperimenta come verità.
Fa sì che un uomo seduto al chiaro di luna sperimenti un ardente calore e fa sì
che un altro esposto al bruciante sole sperimenti una confortevole freschezza.
Tale è il misterioso potere della mente”.
Vasistha continuò: “Poiché l’Assoluto, Brahman, nel suo stato
indifferenziato pervade ogni cosa, ogni cosa è in uno stato indifferenziato.
Quando questo si condensa, nasce la mente cosmica. In quella mente sorge
l’intenzione dell’esistenza dei differenti elementi, nel loro stato
estremamente sottile; la totalità di questo è la Persona Cosmica, luminosa,
conosciuta come Brahma il Creatore. Perciò questo Creatore non è altro che la
Mente Cosmica.
Questo
Brahma, il Creatore, vede quel che intende vedere nella sua stessa mente,
poiché Egli è della natura della Coscienza. È Lui, Brahma, che ha voluto
l’esistenza di questa ignoranza, che è il principio diversificatore
dell’universo, a causa del quale viene confuso il Sé con il non Sé; è
attraverso questo fattore di ignoranza che il Creatore ha causato questo
universo. A causa di ciò, sebbene l’intero universo non sia altro che Infinita
Coscienza, appaiono diverse creature, nate da particelle atomiche e molecole.
In questo
universo non creato, la mente di Brahma, il Creatore, percepisce se stessa come
ego e così Brahma, la Mente Cosmica, diventa Brahma il Creatore dell’universo”.
Da Lui, quindi, si manifestano i jiva, i diversi esseri, apparentemente
composti dai vari elementi e nei cui corpi la Coscienza penetra attraverso
l’apertura della forza vitale. Così sembrano nascere gli individui, con
differenti potenzialità che danno origine alla legge di causa ed effetto con il
conseguente elevarsi e cadere nella scala evolutiva, sorgere e cadere dovuto
esclusivamente al desiderio.
Vasistha continuò: “Rama, ti descriverò ora le divisioni degli esseri in
migliori, peggiori e medi, come avvenne all’inizio di questo ciclo della
creazione.
Le prime,
le più illustri tra le creature, sono nate da pratiche nobili. Esse sono
naturalmente buone e devote alle buone azioni. Raggiungono la liberazione in
poche vite e sono piene delle qualità della purezza e della luce (sattva).
Poi ci
sono quelle piene di impurità, in cui le abitudini mondane sono forti e
variegate. Che forse raggiungeranno la liberazione in mille vite. Tra essi
troviamo quelli la cui liberazione in questo mondo è in dubbio. Sono esseri
dalla densa oscurità.
I tipi
mediani, sono quelli pieni della qualità del dinamismo e del desiderio (rajas).
Quando persone del genere sono abbastanza vicine alla liberazione da poterla
raggiungere al momento della loro dipartita da questo mondo, hanno un misto di
rajas e sattva.
Quando la
tendenza rajasica è così forte da rendere necessario più tempo per sublimarla,
queste persone sono puramente rajasiche. Ma quando la tendenza rajasica è
estremamente densa, allora assume la qualità dell’oscurità (tamas). Nel caso di
coloro la cui liberazione è così remota da essere messa in dubbio, la qualità
di rajas assume la qualità della più densa oscurità.
Coloro che
persino dopo mille nascite sono ancora addormentati nell’oscurità, sono noti
come esseri tamasici. Possono richiedere molto tempo prima di raggiungere la
liberazione; ma quando procedono verso di essa allora il loro tamas è misto al
rajas e quando essa sembra a portata di mano, allora il loro tamas è misto al
sattva. Quando persino dopo cento nascite, la liberazione è lontana ancora
cento nascite, essi sono pieni di tamas e se la liberazione è in dubbio, sono
avvolti dalla densa oscurità.
Tutti
questi esseri sono sorti nel Brahman assoluto quando ci fu solo un leggero
disturbo nel Suo equilibro, proprio come le onde che sorgono sulla superficie
dell’oceano. Tutti questi esseri non sono altro che l’Essere Infinito in cui
non ci sono parti.
L’azione e
l’agente dell’azione nacquero spontaneamente nell’Essere Supremo allo stesso
tempo, come il fiore e la sua fragranza vengono in essere simultaneamente.
Comunque, è soltanto agli occhi dell’ignorante che la creazione dei jiva appare
reale, proprio come l’ignorante considera reale il blu nel cielo.
Per
l’illuminato le espressioni: ‘I jiva sono nati da Brahman’ e ‘I jiva non sono
nati da Brahman’, sono entrambe senza significato. Soltanto in virtù
dell’istruzione viene accettato provvisoriamente il dualismo, altrimenti
l’istruzione sarebbe impossibile. Dopo aver affermato che i jiva sono nati da
Brahman, viene indicato dall’insegnante che, poiché l’effetto non è diverso
dalla causa, i jiva non sono diversi da Brahman.”
Rama disse: “Signore, vediamo in questo mondo che il seme nasce da
un albero e l’albero cresce dal seme. È appropriato allora dire che, senza il
seme del karma precedente, diversi esseri nacquero dall’Assoluto Brahman?”
Vasistha rispose: “0 Rama, la mente è il seme dell’azione; quando la
mente cosmica si manifestò nell’Assoluto Brahman, in quello stesso istante le
tendenze naturali dei diversi esseri e il loro comportamento nacquero e gli
esseri incarnati cominciarono ad essere considerati come jiva.
Non c’è
divisione tra la mente e l’azione. Prima di proiettarsi come azione, essa sorge
nella mente. Perciò l’azione non è null’altro che il movimento dell’energia
nella Coscienza e inevitabilmente porta il suo frutto. Quando tale azione
giunge a fine, anche la mente giunge a fine e quando la mente cessa di essere
non c’è azione. Ma questo è applicabile solo al saggio liberato, non agli
altri”.
La mente è
un’intenzione che sorge nella Coscienza Onnipotente ed Infinita; è come se si
ergesse tra il reale e l’irreale, ma incline verso la comprensione. Sebbene non
sia diversa dalla Coscienza Infinita, pensa di esserlo, sebbene non sia
l’agente, pensa di esserlo. Tale è la mente; queste qualità sono inseparabili
da essa. Allo stesso modo, il jiva e la mente sono inseparabili. Qualunque cosa
la mente pensi, gli organi di azione si sforzano di materializzare, perciò la
mente è azione. Comunque, mente, intelletto, ego, coscienza individualizzata,
azione, fantasia, nascita e morte, tendenze latenti, conoscenza, sforzo,
memoria, sensi, natura, maya o illusione, attività e altre parole simili, non
sono altro che parole senza una realtà corrispondente. La sola realtà è la
Coscienza Infinita in cui questi concetti sono concepiti esistere. Questi
ultimi sono sorti quando l’Infinita Coscienza in un momento di dimenticanza di
Se stessa si vide come l’oggetto della percezione.
Quando la
Coscienza, così velata dalla nescienza, in uno stato agitato vede la diversità
e identifica gli oggetti come tali, è conosciuta come mente.
Questa
stessa, quando è fermamente stabilita nella convinzione di una certa
percezione, è conosciuta come intelletto (o intelligenza).
Quando
ignorantemente e scioccamente si identifica come un individuo che ha esistenza
separata, è conosciuta come ego.
Quando
intrattiene la nozione “l’ho già visto” in relazione a qualcosa visto o non
visto, è conosciuta come memoria.
Quando gli
effetti dei piaceri passati continuano a rimanere nel campo della coscienza,
sebbene gli effetti stessi non siano visti, è conosciuta come tendenza latente
(o potenzialità), vasana.
Quando è
conscia della verità che la visione della divisione è il prodotto
dell’ignoranza è conosciuta come conoscenza.
D’altra
parte, quando si muove nella direzione errata, verso una più grande
dimenticanza di sé e un più profondo coinvolgimento nelle false fantasie, è
conosciuta come impurità.
Quando
intrattiene colui che dimora all’interno con delle sensazioni, è conosciuta
come i sensi.
Quando
rimane immanifesta nell’Essere Cosmico è conosciuta come Natura.
Quando
crea confusione tra la realtà e l’apparizione è conosciuta come maya
(illusione).
Quando si
dissolve nell’Infinito c’è liberazione. Quando pensa: “sono vincolata” c’è
schiavitù. Quando pensa: “sono libera” c’è libertà”.
Vasistha continuò: “La luce della Coscienza che viene eclissata da una
ferma convinzione nell’esistenza della mente, è invero, la mente.
Quando
indaghiamo sulla natura della mente, tutti gli oggetti creati o tutte le
apparizioni vengono viste come sue creazioni. Solo la Coscienza Infinita rimane
come non creata dalla mente.
Quando
viene osservata profondamente, la mente viene assorbita nel suo Substrato e
quando è così assorbita, c’è suprema felicità.
Poiché
l’intero universo è all’interno della mente, le nozioni della schiavitù e della
liberazione sono anch’esse all’interno di essa.
La mente
ora vaga all’inferno ora in cielo ed ora nel mondo degli esseri umani. Anche
quando la luce della saggezza s’affaccia nella vita della mente illusa, essa
scioccamente la rigetta considerandola un nemico. Quindi piange e si lamenta in
preda alla disperazione.
Qualche
volta sperimenta un risveglio imperfetto e rinuncia ai piaceri del mondo senza
un’adeguata comprensione. Tale rinuncia stessa si rivela una grande sorgente di
dolore.
Ma quando
tale rinuncia sorge dalla pienezza della comprensione, dalla saggezza nata
dall’indagine sulla natura della mente, allora la rinuncia conduce a suprema
beatitudine. Una tale mente può persino considerare le proprie nozioni di
piacere passate con perplessità Le tendenze latenti della persona che rinuncia
al mondo saggiamente, svaniscono dalla mente.
Scorgi il
gioco dell’ignoranza che fa sì che uno si ferisca per sua stessa volontà e che
fa sì che corra qua e là in preda al panico senza motivo.
Sebbene la
Luce della conoscenza del Sé risplenda in ogni cuore, tuttavia le persone
vagano in questo mondo spinte dai loro desideri latenti e la mente intensifica
questo dolore e si vincola a causa dei suoi stessi capricci, fantasie, pensieri
e speranze.
Quando
viene visitata dal dolore si dispera e diventa irrequieta. Quando guadagna la
saggezza, la preserva a lungo e persiste nella pratica dell’indagine, allora
non sperimenta dolore. Ma una mente incontrollata è la sorgente della
sofferenza”.
Vasistha continuò: “La coscienza individualizzata, la mente, è sorta
nell’Essere Supremo, o Rama. È sia differente che non differente dalla
Coscienza Infinita, proprio come un’onda è diversa e non diversa dall’oceano.
Per l’illuminato la mente è l’Assoluto Brahman e null’altro; per il non
illuminato la mente è la causa del samsara.
Ma in
realtà il Brahman Assoluto è onnipotente e non v’è nulla che sia all’esterno di
Esso. È il Suo stesso potere, o energia, che pervade ogni cosa.
Negli
esseri incarnati è Chit-shakti, il Potere della Coscienza o Intelligenza; è il
moto nell’aria, la stabilità nella terra, il vuoto nello spazio ed è, negli
esseri creati, il Potere della coscienza di Sé, “Io sono”. È il Potere che
porta in essere la creazione e lo stesso Potere che ne provoca la dissoluzione.
Vedi
l’intero universo ed anche l'io come l’Assoluto Brahman, poiché il Sé, che è
Brahman, è onnipresente.
Quando
quel Sé pensa, è conosciuto come mente e non è altro che il Potere
dell’Assoluto Brahman, che non è diverso da Brahman.
Così la
creazione, la trasformazione, l’esistenza e la distruzione sono tutte provocate
da Brahman in Brahman; non sono altro che Brahman. Gli strumenti dell’azione,
l’azione e l’agente, la nascita e la morte e l’esistenza, tutto questo è
Brahman e null’altro.
Quando la
schiavitù è non esistente, sicuramente anche la liberazione è falsa”.
Rama chiese: “0 Signore, si dice che quando si pensa qualcosa lo si
materializza. Ora dici che la schiavitù non esiste. Come si può riconciliare
ciò?”
Vasistha rispose: “0 Rama, la mente in uno stato di ignoranza immagina la
schiavitù. La schiavitù esiste soltanto in quello stato di ignoranza. Proprio
come gli oggetti di sogno svaniscono quando il sognatore si risveglia, tutte
queste allucinazioni conosciute come schiavitù e liberazione, non esistono agli
occhi dell’illuminato.
Vasistha continuò: ”Per illustrare questo punto c’è una storia
interessante, ti prego, ascoltala:
“Un
ragazzo chiese alla nonna di raccontargli qualcosa ed ella gli raccontò la
seguente storia, che il giovane ascoltò con molta attenzione: